Sesto numero di Versus. La sfida tra Napoli e Juventus è anche quella tra le due bandiere, i due capitani, due uomini con una missione da compiere: Marek Hamsik e Gigi Buffon.
Napoli-Juventus. Basta così? Serve altro? Probabilmente no. Sarebbe semplice iniziare questo articolo parlando delle implicazioni di questa partita, sociali, sportive eccetera eccetera eccetera. Ma già, sicuramente, lo sta facendo mezzo mondo del giornalismo e noi, qui, non ci preoccupiamo di questi aspetti. Questo è Versus, la rubrica che mette uno di fronte all’altro due figure dell’una e dell’altra squadra che per un motivo o per un altro, vanno a creare una sfida nella sfida, un vero e proprio duello su cui Ennio Morricone e Quentin Tarantino potrebbero giocare all’infinito. Quindi, cerchiamo di tenere a freno la schizofrenia retorica di una partita decisiva come non mai e andiamo ad analizzare perché, venerdì sera al San Paolo, ci sarà la sfida non solo tra Napoli e Juventus, ma anche tra i due capitani delle rispettive squadre: Marek Hamsik e Gianluigi Buffon.
QUANDO SPUNTA LA CRESTA A MAREKIARO – L’avventura di Marek parte da lontano, ma neanche troppo, nella sua Slovacchia, tra le fila dello Slovan Bratislava. C’è voluto poco, molto poco perché dall’Italia lo notassero. Il Brescia ne acquista il cartellino e a nemmeno 18 anni Hamsik esordisce in Serie A. La retrocessione per lui è una sorta di manna che gli concede più spazi e meno pressioni, il suo talento sboccia e la sua prima rete italiana arriva addirittura contro il Milan in Coppa Italia. Nel 2007 il suo arrivo a Napoli ed il resto è storia recente che chiunque potrà andare a leggere su Wikipedia. Il motivo per cui Marek e Buffon sono stati scelti in questo Versus è che entrambi sono la bandiera della propria squadra, per scelta. E con le maglie di Napoli e Juve hanno raggiunto traguardi, preso soddisfazioni e delusioni, così come in questa stagione entrambi hanno o avevano un appuntamento con il destino.
Quello di Hamsik è un record che pesa come una maledizione: raggiungere Diego Armando Maradona come miglior marcatore nella storia del Napoli in tutte le competizioni. Gli manca un gol, uno solo, poi sarà una volta e per sempre nella storia della squadra cui ha regalato il suo cuore. Nel caso in cui ce ne fosse bisogno, ovviamente, perché Marek ha già portato a Napoli i primi trofei dell’era post-Maradoniana. E’ il simbolo vero e proprio della società, della squadra, della tifoseria, presente all’anno zero dell’epoca De Laurentiis. Ha rifiutato le sirene di club blasonati che l’avrebbero reso ricchissimo e che gli avrebbero riempito la bacheca di trofei di club e (ne siamo certi) personali. Ma a tutto questo, alla fama e al successo, Hamsik ha scelto Napoli: “voglio vincere qui”. E così via un procuratore scomodamente pericoloso come Raiola, via ogni tentazione. Marekiaro è parte della vista meravigliosa che si gode solo affacciati da Posillipo. E domani sera può entrare nella leggenda, facendo tornare la Juventus il suo bersaglio preferito (8 gol in 29 partite, solo uno in meno del Bologna).
IL MIGLIOR PORTIERE DEL MONDO – Anche i trofei, i premi e la carriera di Gigi Buffon possono essere facilmente trovati in rete. Invidiabile a dir poco, ci limitiamo a dire che se è considerato il portiere più forte della storia del calcio italiano (e non solo), un pochino deve esserselo meritato. Ha vinto tutto, tranne la Champions League e dopo Parma per lui è esistita solo la Juventus. Dal 2001 al 2017 fanno 16 anni in bianconero, sei più di quanti Marek ne abbia passati in azzurro (ma fanno sicuramente il loro i 9 anni differenza tra i due). Una vita in pratica, sportivamente parlando, in cui si è tolto praticamente tutti gli sfizi. Buffon è un capitano vero, inutile stare a discutere di un personaggio che può piacere o meno, lo è, punto e basta. E per chi si fosse perso una carriera intera di dichiarazioni, di prese di posizione, di prese di responsabilità, basta tornare indietro all’eliminazione dell’Italia dalla corsa ai Mondiali di Russia, roba dell’altro ieri. Ci ha messo la faccia, lui, perché sarebbe stato troppo scomodo per chiunque altro, lui perché è il capitano, anche alla sua ultima partita, quando il sogno di essere il giocatore con più partecipazioni di sempre ai Mondiali è sfumato per sempre.
Buffon è un simbolo ed il suo essere estroverso lo ha certo aiutato ad identificarsi come tale nei confronti dell’opinione pubblica. Anche lui poteva scegliere di andare via quando la nave Juve è affondata, ha scelto di restare resistendo a prospettive decisamente affascinanti, ha sofferto con la squadra in una condizione in cui gli juventini facevano fatica a riconoscersi, per poi godere da protagonista (dato troppe volte per bollito) i continui, nuovi successi. La sfida contro il Napoli per lui sarà decisiva perché il canto del cigno è vicino, lui lo sa, lo sappiamo tutti e la Juventus non può permettersi di perdere altro terreno. Buffon non può permettersi di perdere altro terreno e soprattutto di rischiare un’ondata di emotività negativa che rischierebbe di intaccare l’ultimo alloro che gli manca, l’ultimo traguardo, l’ultima sfida con il suo destino: la vittoria della Champions League.
Due modi così diversi di essere capitani, Hamsik e Buffon, il primo taciturno, che dà l’esempio sul campo, il secondo che ci mette la faccia a volte con dichiarazioni francamente evitabili (gol di Muntari, ricordate?). Ma entrambi simbolo di una volontà di rinascita, del credere in un calcio che rischia di non esserci più, di quelle bandiere capaci di sposare una causa, una città, un popolo prima ancora che una squadra. Hamsik e Buffon, il record di Maradona e la conquista di un sogno contro la chiusura in bellezza di una carriera leggendaria. Vedete? Senza fare retorica, senza cadere nei soliti (anche quando giusti) cliché, Napoli-Juventus è davvero tanta, tanta, tanta roba.