Il CT dell’Italia, Giampiero Ventura, ha rilasciato un’intervista a Il Mattino. Ecco quanto detto sui giocatori azzurri.
“Insigne agli Europei ha giocato poco perché il modulo non richiedeva il suo ruolo. Ora ce l’ha, al di là del fatto che i moduli sono solo dei numeri. Ma a Madrid non ha deluso meno di altri. Perché il problema al Bernabeu è stato sfacciatamente fisico, non solo qualitativo. Maglia numero dieci? Vi svelo una piccolo segreto: non sono stato io. Lorenzo è andato da Verratti e gliel’ha chiesta. E Verratti, con cui è amico dai tempi di Pescara, ha avuto qualche dubbio ma ha detto di sì. Ora se la vedranno tra di loro.
Jorginho? Mi piace molto il fatto che lui ci tenga a far parte del gruppo Italia. È una cosa che apprezzo. Con Conte, Insigne non poteva giocare perché il 3-5-2 non richiedeva il suo ruolo. Mi stupisce che tutti si meraviglino, il punto è che noi giochiamo senza metodista. Lui è il migliore interprete di questo ruolo, ma se, come detto, questo ruolo nella mia Nazionale attualmente non c’è, non posso chiamarlo. Solo con Israele ho giocato col 3-5-2, e solo in quel caso c’era il suo ruolo, ma in quel momento avevo la necessità di dare continuità al gruppo.
Esperienza al Napoli? Rammarico. Sono pochi quelli che scendono dalla A alla C. A gennaio andai via e iniziò la storia del Napoli: io faccio parte della preistoria, quando ci allenavamo a Varcaturo dove dovevamo anticipare di un’ora gli allenamenti perché le mamme anti-discariche bloccavano le strade. Il rammarico è per quello che poteva essere e non è stato. Sono stato da Sarri un anno fa a Castel Volturno e mi sono emozionato: era proprio lì che io e il direttore generale Marino sognavamo di realizzare i campi di allenamento. Esonero? Il rammarico non è per quello. Vivo a Bari e sto benissimo. Quando sono arrivato a Napoli, dopo una settimana dissi: Non è facile vivere qui. Dopo un mese la città era diventata come una droga, qualcosa di straordinario
De Laurentiis è partito da zero, da niente. E adesso la sua è una delle società più forti d’Italia. Ma lui era ambizioso e si capiva anche allora nonostante fosse alle prime armi. Mi ricordo ogni cosa di quei mesi. Il campionato iniziava e noi tesserammo Sosa che arrivò quando dovevamo andare in campo e invece non giocammo perché ci fecero saltare le prime due partite. Ricordo i 60mila con il Cittadella, quando all’intervallo in nove mi chiesero la sostituzione. Ricordo Carmando, riferimento di tutto e di tutti; Marino che andava a raccattare giocatori fuori rosa in giro per l’Italia”.