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Una macchia indelebile per il nostro calcio

Il Calcio e la vita reale. Come se fossero due cose distinte e separate. Quanti napoletani hanno

carissimi amici milanesi, romani, bergamaschi, veronesi? Quanti romani hanno cari amici napoletani, milanesi, bergamaschi? Tantissimi. Eppure, il calcio sembra dimostrare tutt’altro, sembra essere il regno dell’odio razziale. Lo sport è competizione, d’accordo, ma il tifo dovrebbe essere soltanto esaltazione dei propri colori, incitamento viscerale, costante ed interminabile per i propri beniamini, nient’altro. Invece diventa umiliazione, denigrazione e discriminazione dell’avversario. Perchè? Un argomento, questo, che non ammette banalità, pressapochismo. Ma anche un argomento che non deve concepire vittimismi. E’ vero, il napoletano è bersagliato su molti campi d’Italia, è spesso vittima di ingiurie e cattivi auspici che feriscono moralmente l’identità di un’intera etnia, ma è altrettanto vero che all’interno dello Stadio San Paolo si sono spesso uditi cori contro chi napoletano non lo era. Poco importa se è stata o meno conseguenza di un colpo inferto, quello che conta sottolineare è che il calcio è stato ingiustamente, inspiegabilmente ed inopportunamente prestato ad una stupida e pessima abitudine. Una pagina triste per il nostro calcio, una pagina avvilente per il nostro paese. Tutti lo definiscono un radicato problema culturale, ma perchè negli anni caratterizzati da progressi incredibili e sorprendenti, si assiste alla regressione della cultura? Forse viviamo semplicemente un un paese ingiusto, generatore di rabbia e frustrazione che ha scelto il canale meno dannoso per venir fuori?

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