Come l’allenatore azzurro, anche il collega del Carpi che proprio domani si troverà di fronte da avversario, ha assaporato il grande calcio a livello nazionale solamente in tarda età. Maurizio Sarri a 55 anni con l’Empoli e Fabrizio Castori a 62 col Carpi approdano in Serie A e coronano il sogno di una vita, trascorsa per troppi e lunghi anni sui campi delle serie inferiori, persino di Promozione. I motivi? Difficile individuarne di universali ma c’è da dire che spesso il calcio che conta snobba questi personaggi e a loro preferisce ex calciatori o tecnici dal nome esotico e provenienti dall’estero che fanno da richiamo ai tifosi. L’allenatore del Napoli, però, nella conferenza odierna e di presentazione alla sfida al Carpi, a tal proposito ha espresso, in questi termini, la sua teoria: “Perché i “Sarri” e i “Castori” arrivano tardi in Serie A? Perché mettono la tuta e partono da lontano. Il percorso è lungo e pieno di insidie, è difficile uscire dalle sabbie mobili delle serie inferiori”. Non per forza, dunque, partire dal basso è sinonimo di arrivare in alto. Sono tante le componenti che determinano le insoddisfazioni degli uomini di calcio e spesso se ne annoverano di curiose, clamorose e per certi versi ingiuste ed ingiustificabili. Quelle che possiamo ascrivere tra i “perchè” attribuiti dal mister partenopeo a questa logica assurda sono anche, con tutta probabilità, le stesse di Castori. Spesso la Serie A si mostra, infatti, paradossalmente cieca nei confronti di quegli allenatori che non vestono in giacca e cravatta o che non dispongono di un background degno dei migliori palcoscenici calcistici italiani, col rischio così di perdere l’occasione di valorizzare delle vere e proprie eccellenze del settore. Alla fine però i risultati conquistati sul campo, la passione messa oltre ogni ostacolo per il proprio lavoro e i sacrifici, premiano anche i più deboli, che poi dimostreranno… di essere i più forti.
Tuta e gavetta, i perchè di Sarri alle fatiche per arrivare in A
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