A volte bisognerebbe tornare alle origini e porsi delle domande sul senso delle cose.
Ad esempio, cos’è il calcio e per cosa vale la pena lottare? Trofei? Vittorie? Danaro? Potere? Sogni?
Il calcio, è un universo variegato, abitato da entità diverse e complesse.
Il calcio, da assuefazione, è una droga emotiva che riempie le tasche di qualcuno e le anime di tanti.
Il calcio, a volte salva la vita, a volte, drammaticamente, la toglie.
Nel calcio e nei media che si occupano di calcio, troppo spesso, non c’è libertà.
Si usano i mezzi a disposizione in modo strumentale per interessi o, addirittura, vendette personali, mantenendosi la coscienza a posto perché “In fondo parliamo solo di un gioco”.
Così, il calcio, un giorno è solo un gioco, un altro la terza industria del paese, un altro ancora la più grande passione di centinaia di milioni di persone.
E i suoi protagonisti seguono la stessa valutazione schizofrenica.
Oggi eroi, domani servi sciocchi e ricchi, troppo ricchi.
Il calcio è un’ oligarchia nella quale pochissimi esercitano un potere enorme e razionalmente incomprensibile.
L’immenso popolo dei tifosi ne è consapevole e assuefatto perché, contro ogni logica, il sogno si rinnova ogni nuova stagione.
A volte il circolo ( poco) virtuoso si interrompe perché qualcuno si fa delle domande e le risposte fanno fare scelte diverse.
Perché io sono qui?
Qual è il senso di tutto questo?
Che segno intendo lasciare?
Il Presidente Vigorito ha risposto a queste domande in modo semplice e inequivocabile, riprendendosi la propria libertà.
La libertà, di non dover far finta di credere all’inverosimile e non dover più accettare l’ingiustizia, prepotente e cafona.
La libertà costa ed fragile, talmente effimera da svanire nel tempo di un giro di lancette o qualche foglio di calendario.
La gente dimentica presto e nessuno fa niente per tenere vivo il ricordo ma, se la memoria svanisce, la dignità che è femmina (ma qualche volta si concede anche agli uomini) resta.