Nello scorso week-end gli stadi di calcio italiani sono stati il palcoscenico delle ormai abituali manifestazioni di intolleranza verso i napoletani e verso i calciatori di colore.
Un’abitudine forse involontariamente ma sicuramente incoraggiata dal presidente della FIGC Carlo Tavecchio con:
- la depenalizzaione dei cori di discriminazione territoriale, reato inzialmente punibile anche con la chiusura degli stadi fino alla penalizzazione in classifica di una squadra, oggi passibile solo di pene pecuniarie;
- la frase pronunciata durante un discorso sui calciatori extracomunitari
“Opti Poba (nome inventato da Tevecchio per indicare un calciatore extracomunitario n.d.r.) è venuto qua, che prima mangiava le banane, adesso gioca titolare nella Lazio”.
Forse grazie anche a queste scelte di Tavecchio i cori sul Vesuvio contro i napoletani sono diventati ormai parte integrante di molte partite di calcio in Italia, anche quelle dove il Napoli non è protagonista. Lo hanno fatto ad esempio anche i tifosi del Foggia domenica scorsa che, non avendo la capacità di trovare un modo migliore per festeggiare il ritorno in Serie B dopo quasi 20 anni di assenza, hanno intonato cori sul Vesuvio, la lava e i napoletani.
Però bisogna ammettere che quella del presidente della FIGC è stata una mossa astuta perchè permette al calcio italiano di incassare tra i 10 mila e i 15 mila per ogni partita dove si cantano i cori sul Vesuvio.
Ancora più triste quanto accaduto con Koulibaly e Muntari. I due calciatori di colore rispettivamente di Napoli e Pescara, sono stati oggetto di ululati razzisti nella San Siro interista e al Sant’Elia di Cagliari.
Due professionisti mortificati tre volte solo per il colore della loro pelle:
- per gli ululati imitanti i versi di una scimmia emessi da chi si illude di essere una persona superiore a quelle di colore;
- per la poca personalità degli arbitri di gara che non hanno avuto il coraggio di sospendere la partita su richiesta delle ‘vittime’;
- dalle motivazioni che hanno spiegato le decisioni del Giudice Sportivo sulla mancata squalifica del Sant’Elia:
“(…) considerato che i pur deprecabili cori di discriminazione razziale sono stati percepiti nell’impianto in virtù anche della protesta silenziosa in atto dei tifosi (come segnalato dagli stessi rappresentanti della Procura federale) ma, essendo stati intonati da un numero approssimativo di soli dieci sostenitori e dunque meno dell’1% del numero degli occupanti del settore (circa duemila), non integrano dunque il presupposto della dimensione minima che insieme a quello della percezione reale è alla base della punibilità dei comportamenti in questione, peraltro non percepiti dagli Ufficiali di gara“.
Non serve a nulla che Tavecchio consideri “esecrabili” i cori razzisti se poi alle parole non si fanno seguire i fatti. L’ONU schierandosi al fianco di Muntari, dando un bellissimo esempio di rispetto e civiltà, ha fornito un assist che va trasformato in gol con decisioni forti e punitive che tutelino il rispetto dei calciatori di colore e l’intero popolo napoletano, anche quello non calcistico.
Bisogna avere il coraggio di punire in maniera esemplare anche i top club del calcio italiano senza guardare la fede calcistica di questo o quell’altro V.I.P., Tavecchio compreso.
A proposito della fede interista di Tavecchio, come dimenticare quell’altra uscita poco incoraggiante [LEGGI QUI] sulla necessità di recuperare le due squadre milanesi al grande palcoscenico del calcio?
Con tutto il rispetto di Roma e Napoli si intende.