L’allenatore del Napoli Luciano Spalletti in conferenza stampa ha presentato la sfida di campionato in programma domani contro la Lazio al Maradona.
“Ci portiamo dietro una cultura di lavoro e un modo di stare in campo che hanno iniziato anche gli altri. Vedo che anche Sarri ha questa idea di voler fare la partita e comandare il gioco con il possesso palla che ti da la possibilità di decidere dove andare a giocare la partita. Poi è ovvio che bisogna alternarlo con il gioco verticale a seconda se gli avversari ti vengono a prendere o meno. Forse Sarri è stato un po’ un Masaniello, un capo-popolo del calcio. Quando ho avuto la possibilità di vedere una partita è stata sempre quella del Napoli di Sarri. Si parla della bellezza del calcio, poco importa se più o meno bella.
I tifosi hanno la maturità di saper valutare le cose come funzionano nella vita. E’ fondamentale che non vadano ad aspettarci all’arrivo, ma che scendano in campo con noi ad ogni partita. Non date retta a chi vuole farci togliere le mani dal volante, farcele alzare in segno di vittoria quando abbiamo tante curve da affrontare.
Osimhen ha avuto belle parole per me? Prova ad intervistare Demme o chi gioca meno e vediamo. Dico Demme perché è uno di quelli che meriterebbe di giocare per qualità delle giocate, per esperienza. Per me è facile lavorare con ragazzi che hanno qualità, attitudine all’ascolto, all’apprendimento perché c’è sempre la possibilità di andare avanti.
Qual è il mio manifesto di calcio? Dipende chi sei, dove vuoi andare, che calcio vuoi fare, ci sono davanti sempre delle persone e percorriamo ciò che ci piace. A me non piace il calcio tutti dietro davanti alla difesa, eppure l’ho fatto e ho perso spesso, quando non mi piace non la sanno fare neanche i ragazzi. Quando sono arrivato la mia battaglia era riportare gente allo stadio, fare qualcosa per creare emozione. Non sono tra quelli del vincere a tutti i costi e poi l’anno dopo fallire, ma mi piace collaborare con la società per fare un discorso corretto per gli obiettivi comuni.
Svolta con la Lazio all’andata? Secondo me invece la svolta l’hanno data i due pareggi precedenti, è rimasta la stessa mentalità, hanno creato disponibilità al sacrificio e arrivi a quel livello lì con la costanza. Succede sempre, altrimenti non avrebbe significato il modo di lavorare.
Rivincita personale? Io non alleno per rivincite verso nessuno, io penso a far bene il mio lavoro, non devo fare altro. Sono i risultati del calcio giocato che fanno la differenza. Anche quando ho litigato l’ho fatto per il bene della società e della squadra, difendendo il lavoro.
Provano a sminuire il cammino del Napoli? Io non ci penso, penso ad occupare il tempo con le cose che dobbiamo fare noi.
Sui risultati in generale stiamo facendo cose importanti, straordinarie, e ai ragazzi gli va detto bravi e dati i meriti. Al di là dei risultati, hanno fatto grandi partite, macinando roba, idee, responsabilità, calcio fatto bene. Non è una gara che vinci o una coppa con 3-4 partite, qui è la continuità con cui scendi in campo.
+18 in classifica ?Non lo consideriamo, noi dobbiamo valutare le partite ed essere gli stessi, avere un modo di ragionare equilibrato.
Possibilità di aprire un ciclo? Può succedere perché abbiamo un gruppo forte, sano, roba fresca che può esploderti in mano e può durare negli anni. Ci sono ragazzi fuori che hanno giocato poco ed hanno qualità enorme e che ogni volta che ne scelgo 11 mi piange il cuore. Elmas va fatto giocare, lui non è mai venuto ma se venisse a chiedermi cosa deve fare per giocare io sarei in prigione, non saprei cosa rispondere. C’è Raspadori, il presidente ce l’ha messo a disposizione, sembrava difficile, è arrivato, è il futuro dell’Italia e non l’ho fatto giocare, c’è Gaetano, stravedo, Zerbin che ha disponibilità, Zedadka non l’avete mai visto ma mi avrebbe fatto piacere passare in Coppa per farvelo vedere, perciò mi diede fastidio, un paio di partite avrebbero influenzato il ritmo di recupero della squadra, ma potevo scegliere soltanto 15 in ritiro e lasciare a casa altri, far sentire titolari chi non giocava”.