L’allenatore serbo è il principale candidato a sostituire Rafa Benitez sulla panchina del Napoli.
Il carattere e il carisma di Sinisa Mihajlovic, sono quelli tosti e concreti tipici di una persona che ha visto la propria terra essere martoriata da un’assurda guerra etnica.
Nato a Vukovar (oggi Croazia) nella ex Jugoslavia il 20 febbraio del 1969 ma di nazionalità serba, Mihajlovic è nel mondo del calcio dal 1988.
Convocato in tre nazionali diverse: Jugoslavia, Serbia e Montenegro, Serbia, ha indossato le maglie di Vojvodina, Stella Rossa di Belgrado, Roma, Sampdoria, Lazio e Inter. La sua esperienza di calciatore, gli è tornata utile anche nel ruolo di allenatore. Infatti Sinisa, oltre a essere stato un grande specialista sui calci piazzati, ha giocato prima come attaccante, poi come centrocampista e infine anche in difesa.
I primi passi di allenatore li ha mossi come vice di Mancini all’Inter nel 2006, per poi diventare allenatore di Bologna, Catania e Fiorentina. Con queste squadre risultati altalenanti, tra esoneri, dimissioni e piccole soddisfazioni. Poi l’esperienza come selezionatore della nazionale Serba, chiusa negativamente con la mancata qualificazione ai mondiali 2014.
Con la Sampdoria arrivano i primi riconoscimenti professionali. Ingaggiato dai doriani nel 2013, quest’anno sta conquistando la qualificazione alla prossima Europa League.
Nel suo staff alla Sampdoria ha voluto il fidato Nenad Sakic, già secondo di Sinisa nella nazionale serba, ed Emilio De Leo il tattico della squadra.
Su suggerimento proprio di De Leo, Mihajlovic è stato il primo in Italia ad adottare un metodo rivoluzionario di allenamento, chiamato “periodizzazione tattica”.
Questo sistema di preparazione atletica e mentale, prevede di subordinare gli allenamenti in base al modulo di gioco che si intende adottare. La periodizzazione tattica è basata su due principi fondamentali. Il primo è che, subito dopo aver recuperato palla, ci deve essere una giocata semplice e la squadra si deve aprire per sfruttare tutta l’ampiezza del campo. Il secondo è che, in caso di perdita della palla, si cerca immediatamente di riconquistarla muovendosi in avanti e mai scappando indietro.
Su questo nuovo metodo, De Leo chiarisce: “Questo lavoro lo facciamo con tutti i giocatori, in maniera simmetrica, usando anche un gergo particolare. Ad esempio quando conquistiamo palla diciamo “gioca per chi vedi”. Ai giocatori stimola un automatismo, che aiuta a creare varie opzioni di gioco senza soffocare il talento e l’istinto dei calciatori. Anche il giropalla che annoia tanti lo facciamo per creare superiorità numerica in fase d’uscita. Poi le urla di Mihajlovic fanno il resto. Tutto questo aiuta a diventare una squadra con personalità”.
Domani, lunedì 25 maggio, vi presenteremo il profilo di Luciano Spalletti.
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