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Senti chi parla – l’intervista a Maurizio Zaccone

Zaccone

Scrive per passione. Per passione e per orgoglio della città che gli ha dato i natali. Maurizio Zaccone: giornalista, scrittore, blogger e opinionista.

Di Valeria Grasso:

Valeria Grasso

Napoletano nel cuore e nell’anima:

I nuovi mezzi di comunicazione mi hanno permesso di farmi conoscere senza passare per l’approvazione di qualcuno, magari in qualche redazione. Scrivo per il mio blog, sui miei social e per alcune testate da free lance. Ho scritto un libro (Sputtanapoli) e ne ho un secondo in lavorazione. È ancora “solo” una passione, che cerco di mantenere tale per non perdere la libertà di scrivere come, cosa e quando voglio”.

 


Quella stessa passione viscerale che lo portano a seguire e a
mare i colori della sua città, Napoli e il Napoli. Club ai vertici della classifica da tante stagioni, quest’anno la rivoluzione. Qual è il suo pensiero?

Ci siamo divertiti, e credo (spero) continueremo. Sono ore decisive queste anche per un giudizio preciso sulla campagna acquisti visti i nomi pesanti ancora in ballo. Se le prime tre giornate ci hanno fatto capire che ci siamo anche noi tra le altre, che continueremo a dire la nostra, lo stop in casa con il Lecce evoca fantasmi. Il Napoli va avanti, ma non dobbiamo né esaltarci troppo né drammatizzare”.

 

Come è cambiato il tifoso e il tifo allo stadio San Paolo oggi Maradona nel corso degli anni?

Non cedo alla narrazione imperante del tifoso imborghesito e altre semplicistiche spiegazioni simili.

C’è innanzitutto un problema generale, comune a tutti: il calcio è cambiato e il sistema calcio “ci ha” cambiati. La fruizione dei contenuti in maniera virtuale è stata pompata a dismisura per allargare gli introiti e la presenza fisica allo stadio è per i club più una necessità “scenografica” che altro, per quanto il sostegno e il calore sono sempre determinanti. Ma nei bilanci il botteghino pesa sempre meno. Ci hanno messi sul divano, pian piano. Ecco che la leva per portare il tifoso allo stadio non è, come una volta, la mera fruizione del contenuto (altrimenti non visibile); ma il valore aggiunto della condivisione di massa sull’onda della passione e dell’entusiasmo. In soldoni, un tempo se non andavi allo stadio la partita non la vedevi, te la dovevi solo far raccontare e aspettare sera per vedere i gol in tv. Oggi sei allo stadio e chiami con il telefonino a casa per capire se dall’inquadratura tv e dal replay si capisce quello che in presa diretta ti è sfuggito. Quindi oggi vai allo stadio, con tutte i costi e disagi annessi, per l’emozione; per il desiderio di condivisione di massa. Una condivisione fisica. E’ quindi importante lavorare sulle nuove generazioni, sui ragazzi, sulle famiglie e sullo zoccolo duro onnipresente. Facilitare la loro presenza. Rendere lo stadio “comodo” e implementarlo di servizi.E lavorare “sull’emozione”. Napoli e il Napoli non devono sentirsi distanti, come purtroppo è successo negli ultimi anni.

Ricordiamoci che Napoli ha una tradizione di calore e passione incredibile: nel 1964/65, quando ancora Maradona non era con noi e non avevamo vinto niente di particolare, il Napoli deteneva il record italiano di incassi da abbonamento della storia della Serie A, circa 250 milioni. Ed era un primato conquistato con un Napoli che militava in serie B. L’anno dopo, con l’arrivo di Sivori e Altafini, si toccarono i 700 milioni. La fiamma della passione c’è sempre, non si è spenta. Basta soffiarci un po’ sopra”.


In effetti questa
stagione è apparsa difficile, con il pubblico distante, troppo, dalla società questa estate. Un dissidio che fortunatamente pare si stia risolvendo, merito di una serie di iniziative della società e anche di una campagna acquisti che ha suscitato apprezzamenti da parte della tifoseria (considerate le partenze degli storici Insigne, Koulibaly e Mertens). Cosa deve fare il Napoli per far innamorare di nuovo la gente?

Le distanze sono apparse gigantesche ma ci siamo poi resi conto che può bastare molto poco per ridurle. Che tra l’altro è l’interesse comune. Ho apprezzato l’amichevole con la Juve Stabia con ingresso gratuito per presentare i nuovi acquisti; anche la campagna abbonamenti. Penso a iniziative nelle scuole, ad allenamenti a porte aperte, a un canale diretto con i tifosi per aiutarli negli acquisti dei biglietti (Ticketone presenta notevoli criticità e il Napoli non ha un telefono per interfacciarsi con i suoi tifosi, cosa che invece hanno quasi tutti i club di A), al riconoscimento dei club Napoli sparsi in Italia e nel mondo (zoccolo duro nelle trasferte) che da anni chiedono di essere “riconosciuti”. Sono tante le iniziative possibili, molte non presuppongono nessun tipo particolare di investimento, più che altro di buona volontà. Oggi però sembra (sembra) di assistere a una pace ritrovata perché si è percepito uno sforzo societario importante per allestire una squadra competitiva nonostante la necessità di ridurre i costi; si sono realizzati entrambi gli obiettivi e il clima è più sereno. Su questo bisogna costruirci sopra. Chi vuole bene al Napoli lo tifa, non costruisce carri.”

 

Sputtanapoli…il suo libro perché?

Perché da troppo questa città è lo sfogatoio d’Italia. Il termine di paragone per ogni cosa che è becera. Una narrazione viziata e stereotipata spesso distante dalla realtà. Analisi superficiali delle criticità mai volte alla risoluzione delle stesse ma solo a inculcare un pensiero: “è colpa vostra”.

E in questo pensiero inoculato c’è anche la “giustifica” per non agire, per non intervenire. E la parte sana, maggioritaria, resta sola, o deve emigrare.Napoli convive con numerose piaghe; e ha bisogno di interventi concreti per risolverli, non semplicistiche narrazioni che la isolano. Ha bisogno di scuole, di assistenti sociali, di forze dellordine: ha bisogno di risorse. Napoli non può fare schifo quando la si racconta ma essere una città qualunque quando bisogna intervenire politicamente.”

 

A Firenze nuovi episodi di razzismo territoriale con Spalletti addirittura oggetto di offese personali. Si riuscirà mai a trovare risoluzione a questo problema così grave mai affrontato veramente?

Per trovare una soluzione a un problema bisogna quantomeno decidere che ci sia un problema.

E qui, in Italia, di questa piaga non se n’è accorto ancora nessuno. Si è sempre preferito rimandare.

Non si tratta di essere razzisti o antirazzisti, qui si è proprio ignoranti sul tema.

Diciamo la verità, si sono fatti giganti passi indietro in questi anni.

È un’epoca dove l’odio, il disprezzo per il diverso, sono diventati non più il becero istinto da reprimere, ma un’opinione legittima. Sono stati sdoganati. Sia da una parte politica la quale ci ha costruito le sue fortune, sia da un sistema mediatico che ha alimentato questo clima, proprio non affrontando mai i temi.

E certi temi, che pure sarebbero semplici e universali, diventano gatta da pelare per chi non si è mai preso la responsabilità di affrontarli. E che oggi ci vede nudi in tutta l’impreparazione e l’inadeguatezza. Ma non è mai troppo tardi; bisognerebbe, però, quantomeno cominciare.”

 

 

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