Editoriale

Sentenza Sandulli abnorme e incomprensibile ma esistono dei precedenti che la dottrina definisce ‘sentenze suicide’. Ne parliamo con il professore Ferdinando Pinto

Giudice sportivo

Data la durezza del dispositivo sembra difficile (o forse no) che il Napoli possa vedere riconosciute le proprie ragioni nel terzo grado di giustizia sportiva.

Se così non fosse De Laurentiis potrebbe ricorrere al TAR. Per capire meglio i possibili scenari abbiamo chiesto lumi al professore Ferdinando Pinto, ordinario di Diritto Amministrativo alla Federico II.

Se la SSCN dovesse ricorrere al Tribunale Ammistrativo con sentenza favorevole l’ente che ha emesso l’ultimo provvedimento sfavorevole (il CONI, ndr) dovrà conformarsi, se non dovesse avvenire esiste la garanzia data dal, cosiddetto, giudizio di ottemperanza. Potendo addirittura nominare un commissario in vece del responsabile dell’ente di riferimento, per far applicare la sentenza.

 

Professore, questo scenario si prospetta in caso di rigetto anche da parte del Consiglio di garanzia dello sport del CONI ma restando alla giustizia sportiva che giudizio si è fatto della sentenza di secondo grado?

Ovviamente mi ha lasciato molto perplesso sia in termini di diritto (per le ipotesi paventate) sia per la durezza usata per motivare la sentenza anche perché manca la risposta alla domanda fondamentale: Perché il Napoli non avrebbe voluto giocare quella partita? Qual è il motivo che lo avrebbe indotto ad ordire una simile trama?

Poi aggiunge:

È evidente che lo scopo sia stato quello di dare un segnale al mondo del calcio difendendo il protocollo che consente al campionato di proseguire ma anche in questo, c’è da dire che il protocollo per come è costituito contiene in se un errore di base.

Ci spieghi meglio.

Non aver coinvolto nella ratifica di quello che resta, sempre e comunque un atto privato fra le parti, gli unici enti delegati a decidere in materia di sanità in Italia lo trovo inspiegabile.
La Conferenza Stato Regioni doveva essere parte in causa.”

Torniamo alla sentenza del giudice Sandulli, le sue perplessità sono comuni a tutti ma come spiega la ferocia di quel dispositivo?

Non me la spiego, non posso stare nella testa del giudice; oltre a pensare che volesse a tutti i costi difendere il sistema calcio non ho altre spiegazioni.

Eppure è così estrema ed implacabile da apparire quasi forzata. Insomma, era proprio necessario screditare a tal punto la credibilità di una società seria e virtuosa come è il Napoli per motivare un rigetto? Esistono casi simili nella storia del diritto?

Guardi, ripeto non posso essere nella testa di Sandulli e dei suoi colleghi; le mie sarebbero solo illazioni ma, rispondendo alla sua domanda, devo dire che in dottrina si parla delle cosiddette ‘sentenze suicide’. Ovvero sia sentenze così abnormi o addirittura aberranti dal punto di vista del fatto e del diritto da essere poi facilmente impugnabili. Ma questa è dottrina.

Insomma, ci sarà ancora molto da vivere e raccontare nei prossimi mesi prima che venga scritta la parola fine su questa brutta storia di calcio, diritto, giurisprudenza e dottrina che ha dimenticato il pallone, unico attore protagonista assente.

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