A tre giornate dalla fine del campionato non è ancora tutto deciso.
Il secondo posto è conteso tra Roma e Napoli che sono ad un punto di distanza. Ci si aspettava che le due squadre, impegnate rispettivamente con Juventus e Torino, giocassero allo stesso orario ma non è stato così, si è desiso di far giocare gare importanti o almeno influenzabili sulla psicologia dei giocatori, ad orari diversi.
Il discorso è esteso a tutto il campionato che ancora non è finito: c’è la lotta per la qualificazione alla Champions League diretta, per l’Europa League e per la sopravvivenza del Crotone di restare in Serie A.
Ormai il calcio è diventato un grande business e le esigenze delle squadre impegnate per degli obiettivi importanti passano in secondo piano. La contemporaneità serve, o almeno serviva, a garantire la concomitanza delle partite nel finale di campionato. Prima, anni dietro, nelle ultime tre gare si giocava simultaneamente proprio per evitare che i risultati influeissero sulle gare importanti. Si era all’oscuro di tutto, erano i tifosi che dagli spalti aggiornavano perché le urla o il silenzio assoluto volevano dire qualcosa. Era più piacevole.
La contemporaneità dava, e potrebbe ancora dare, più credibilità ad un calcio che ormai sembra essersi perso, un calcio dove a comandare non sono tutte le società ma solo quelle che contano, quelle che “portano” introiti.
Il Dio denaro ormai fa da padrone e ingenui noi che gli diamo agio di continuare.