Seduto su una nuvoletta, attento osservatore, perché tirato, spesso, a sproposito, in ballo, anche un altro personaggio, se potesse vorrebbe dire la sua.
Tommaso Aniello, per tutti Masaniello, potrebbe, sempre che lo volesse, raccontare cosa succede quando si passa dal contropotere al potere. Perché la parte interessante della storia di Masaniello non è quella da capopopolo, imbonitore delle masse affamate ma il pezzo in cui, smessi i panni del rivoluzionario, indossò quelli del notabile di palazzo e fini male.
Il calcio è il paese dei balocchi e lo specchio della società un binomio esplosivo da far perdere la testa e vendere un po’ di anima. Maurizio Sarri da tanti raccontato come un romantico rivoluzionario, invece è sempre stato estremamente pragmatico, concentrato solo sul proprio lavoro e poco empatico verso l’esterno.
Il mito è stato creato dal resto del mondo che aveva, bisogno, oggi come allora, di sogni e romanticismo per liberare il Calcio dalle grinfie di Fatturato, Potere e Sudditanza, i tre demoni che vogliono trascinarlo a business-land.
Ragione e poco sentimento, non per cattiveria ma per mancanza di tempo, il grosso era, è, sarà dedicato al lavoro, con un solo obiettivo: vincere attraverso le sue idee. A Londra ci sarebbe rimasto se non ci fosse stato il blocco del mercato che, sommato alle cessioni vip e agli infortuni top, e ad una gestione societaria flop, non gli hanno dato garanzie.
Ora è alla Juventus, da prima, seconda o terza scelta non si sa ma poco interessa. A Torino sarà supportato da uno staff efficiente e presente, Sarri ne ha bisogno come delle sigarette. Il disprezzo e il giudizio di chi lo ha amato dandogli tutto, saranno due compagni di viaggio fastidiosi da gestire ma sopportabili.
Il lavoro per non perdersi nei pensieri che potrebbero far male e la forza di autoconvincimento del mantra “Questo è solo lavoro” Per fugare debolezze e sensi di colpa, tanto poi c’è la livella.