L’allenatore del Napoli ha rilasciato un’intervista al “Corriere della Sera”. Di seguito alcuni passaggi:
“Se mi fossi fatto condizionare da tutte le critiche che ho ricevuto, non avrei continuato. Invece ho avuto la forza di rialzarmi ogni volta che ricevevo uno schiaffo. Certo, se mi avessero detto dieci anni fa che avrei giocato in Champions League, avrei sorriso. E invece eccomi qui.
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Scudetto? troppo presto per dirlo, ma se tutti noi abbiamo deciso di continuare con il Napoli è perché sappiamo di poter dare di più dello scorso anno. Non mi piace fare calcoli inutili, mi muovo sempre per logica e questa oggi mi dice che possiamo andare avanti meglio. Le gerarchie del campionato probabilmente cambieranno, le due milanesi non potevano stare a guardare ancora e si stanno attrezzando. Mi incuriosisce il lavoro che Spalletti farà all’Inter. A noi toccherà non farci trovare spiazzati.
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Se credo nei complimenti? Dipende da chi arrivano. Se parlano due che hanno reso grande il calcio italiano come Sacchi e Lippi, è motivo di orgoglio. Poi però servono i riscontri in campo. Ecco, vincere mi fa sinceramente più piacere che ricevere attestati di stima.
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Va fatta una distinzione. Se arrivano da persone competenti che capiscono il tipo di lavoro che faccio, allora rifletto. Possono anche farmi male, ma ci stanno. Il mormorio di chi non mi conosce e non vive il mio mondo, mi scivola. Non credo di essere permaloso, almeno nel lavoro. Nella vita privata, lo riconosco, me la prendo.
Non mi piacciono in senso assoluto perché sono riduttive, quella che poi negli anni mi ha dato noia è quella dei 33 schemi, davvero banale.
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I confronti con De Laurentiis? Il presidente va accettato per quello che è. Ho scelto di interpretare il suo modo di essere e ho capito che le sue reazioni sono momentanee. Basta lasciarlo sbollire e la scena cambia. Ho iniziato con lui in un momento in cui mi volevano diverse squadre e quando tutto sembrava fatto col Milan, è stato lui a fare la scelta più rischiosa e mi ha voluto al Napoli.
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Un ruolo alla Ferguson a tutto campo? Resto un uomo di campo, non potrei permettermi di sprecare energie per fare altro. Sia a Empoli che a Napoli ho avuto la fortuna di confrontarmi con direttori sportivi come Carli e Giuntoli dei quali ho stima e fiducia. Il mercato non mi interessa e non mi piace.
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La questione-Reina? Quando sono iniziate a circolare voci su di lui, molti giocatori mi hanno chiamato dalle vacanze, volevano notizie. Capisci così quanto Pepe sia un punto di riferimento per questo gruppo e anche per me.
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Un futuro all’estero mi piacerebbe. Se dovessi scegliere ora mi intrigano Spagna e Francia. Una cosa che non mi piace del calcio italiano è che siamo rimasti indietro. Andare a giocare all’estero è imbarazzante dal punto di vista delle strutture. Trovo inconcepibile che qui in Italia non vengano destinati soldi per migliorare i nostri strumenti di lavoro.
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Le lamentele per i terreni di gioco? Che i nostri campi siano i peggiori è un fatto oggettivo. Che il 98% dei giocatori si innervosisce a giocare alle 12.30, è una verità. Dico quel che penso, soprattutto dopo una vittoria. Senza retropensieri.
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Un nome su tutti fra i miei calciatori in questi primi due anni? Sono contento di tutti. Insigne però nel suo ruolo è il miglior giocatore italiano.
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Chi mi incuriosisca di più fra Ancelotti, Simeone e Klopp? Il primo ha vinto tutto, il Cholo ha una filosofia di gioco opposta alla mia ma che gli ha consentito di fare grandi cose. Come personaggio mi intriga Klopp. In Italia, invece mi intriga Giampaolo, dà sempre la sua impronta alle squadre che allena.
Per l’intervista completa vi rimandiamo all’edizione odierna de “Il Corriere della Sera”.