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Sarri e il calendario fitto di impegni: il vero problema è ‘questa’ Serie A

Il campanello d’allarme dell’allenatore del Napoli è diventato oggi un cavallo di battaglia di tanti addetti ai lavori. In alcuni casi anche di chi accusava Sarri di lamentarsi troppo.

Forse Sarri, che al contrario di tanti suoi colleghi anche prestigiosi allena una squadra e non la manda solo in campo, soffre più di altri la difficoltà di non avere a disposizione la cosiddetta settimana tipo di lavoro.

Ma avere tanti impegni è anche il prezzo che deve pagare un club se vuole far parte dell’èlite del calcio europeo. E’ una condizione che deve metabolizzare un tecnico se vuole allenare una squadra che ambisce alla gloria.

Giocare due sfide scudetto a cavallo di una prestigiosa gara di Champions League fa parte del calcio di oggi.  Non a caso il Barcellona prima dell’ultimo turno di Champions ha giocato in casa dell’Atletico Madrid, mentre in Germania il prossimo turno di Bundesliga propone il big match Bayern Monaco-Lipsia prima del turno di Champions League. Così come la Juventus nelle prossime settimane deve affrontare un turno forse decisivo di Champions tra le sfide di campionato con il Napoli e con l’Inter.

Il vero problema per gli allenatori come Sarri che lavorano sul campo e non alla lavagna, è il livello dell’attuale Serie A che certo non merita tre turni infrasettimanali. Turni infrasettimanali che tolgono ai top club italiani solo energie fisiche e mentali e la possibilità di mettere a punto schemi e dettagli di gioco e, di conseguenza, la competitiva internazionale.

E’ arrivato il momento di prendere in seria considerazione senza ipocrisia, la possibilità di ridurre il numero di squadre in Serie A almeno a 18, riducendo così da 38 a 34 le giornate di campionato.

Significherebbe eliminare i tre turni infrasettimanali, e non è poco, oltre che mettere un weekend a disposizione della finale di Coppa Italia, attualmente prevista per mercoledì 9 maggio (quindi ulteriore turno infrasettimanale al 99% per due top club italiani).

Più che aumentare il numero di partite, alla Serie A servirebbe soprattutto aumentare la competitività e la qualità cosa che, senza offesa per nessun club, non può certo portare in dote chi l’anno precedente è arrivata quinta o terza nel campionato di Serie B e che trova enormi difficoltà in Serie A senza i necessari minimi investimenti.

La Lega è chiamata a prendere quella che potrebbe essere una svolta storica per il calcio italiano, non solo in Patria ma anche all’estero. Renderlo più appetibile agli investitori riducendo il numero di partite per migliorare la qualità del campionato e la competitività in Europa, potrebbe significare anche un beneficio economico per i club di Serie A.

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