Spettacolo assoluto con tanto di gemellaggio fino agli anni’80, oggi la sfida vive tutt’altro clima.
Cuore, anima, passione, storia. Sicuramente sono queste quattro parole ad avvicinare più di ogni altra cosa Roma e Napoli, città che vivono da sempre di storia e bellezza, di contraddizioni e di certezze, uniche nel loro genere. In questo bailamme emozionale si colloca sicuramente ad hoc la fede calcistica della tifoseria della squadra azzurra e di quella giallorossa.
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Protagoniste del “Derby del Sole“, negli ultimi tempi le sfide fra le due squadre hanno trovato purtroppo anche le prime pagine della cronaca nera e non solo quelle sportive. Uno splendido gemellaggio andato in fumo nel 1988 ha stravolto e rovesciato il clima di festa e di amicizia che rappresentava ogni volta la gara, soprattutto negli anni ottanta. Lo sfottò goliardico e simpatico negli ultimi tempi si è poi trasformato sempre più in qualcosa di sempre più pesante. Da tempo né l’una né l’altra tifoseria approdano nel settore ospiti dello stadio ospitante e quei tempi in cui i fan giallorossi e biancazzurri davano spettacolo sugli spalti sembrano ancor più lontani. Eppure le due squadre hanno avuto negli anni numerosi idoli che talvolta, con alterne fortune, hanno fatto il salto dall’altra parte della barricata, dal Maschio Angioino al Colosseo e/o viceversa.
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Pochi ricordano che Bruno Pesaola trovò fama e gloria in Italia proprio grazie alla Roma nel 1947. Il Petissodiventò un idolo giallorosso a suon di gol e funamboliche prestazioni per quasi tre anni, la sua popolarità in campo e fuori gli permise anche di girare un film con Walter Chiari. Poi d’improvviso, al terzo anno romano un infortunio ne pregiudicò la carriera giallorossa, l’argentino ripartì da Novara e poi trovò il Napoli per entrare per sempre nel cuore degli azzurri.
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Percorso inverso per un altro simbolo giallorosso: Amedeo Amadei. Il “Totti” anteguerra della Roma, che riuscì a suon di gol a portare lo scudetto nella Capitale nel 1942, simbolo per tutti i tifosi della futura “Magica”. Nel dopoguerra però ruppe qualcosa con l’ambiente e così, dopo un biennio all’Inter, Amadei approdò a Napoli dove conquistò il tifo partenopeo con gol e tanto “cuore”, per ben 6 stagioni fino a diventare anche allenatore degli azzurri.
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Nelle stagioni più recenti, vi sono altri casi di idoli che si sono scambiati le maglie. Moreno Ferrario, dopo 11 anni nella difesa azzurra nel 1988 arrivò alla “Lupa” reduce dai successi di era maradoniana; due anni dopo lo stesso percorso – e con maggior fortuna – lo fece il centravanti Andrea Carnevale (2 scudetti e 2 coppe in azzurro) che rispose alla chiamata di mister Ottavio Bianchi, altro ex che dopo aver vinto tanto sulla panchina azzurra riuscì a farlo anche nella Capitale.
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Percorso altalenante fu quello invece di Marco Baroni, che da promessa mai sbocciata in maglia giallorossa passò a vincere lo scudetto da titolare (e con tanto di gol decisivo per la matematica) con il Napoli nel 1990. Avara di trofei ma ricca di soddisfazioni da “idolo delle curve” fu invece la doppia vita calcistica di Roberto Policano, che prima disputò due stagioni nella sua Roma (romano del quartiere Flaminio), e poi anni dopo conquistò per 4 stagioni la torcida azzurra con il suo proverbiale impegno da rude e le sue “bombe” da fuori area.
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Nel 1997 invece arrivarono a Napoli vere e proprie istituzioni del calcio romano. Carletto Mazzone era da pochi giorni all’ombra del Vesuvio ed alzò il telefono per chiamare nientemeno che Giuseppe Giannini, “simbolo” giallorosso per 15 anni ed ultimo numero 10 romanista ante-Totti. Era un Napoli in grandissima difficoltà quello che li vide comunque protagonisti, già verso il baratro. Entrambi si tolsero la soddisfazione di battere 3-0 la Lazio (con tanto di gol del “Principe“) in un personale derby in Coppa Italia.
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Pochi anni prima un altro “core de Roma“, seppur trapiantato nella Capitale, dopo 12 anni in giallorosso era arrivato al Napoli: Sebino Nela, che concluse la carriera giocando le sue ultime due annate da professionista in azzurro. Altro grande nome ad aver effettuato il “passaggio di maglie” è stato l’attuale team manager giallorosso Morgan De Sanctis. Quattro anni al Napoli, dove diventò l’idolo del “San Paolo” fra ottime prestazioni e significativi attestati e gesti di stima nei confronti dei tifosi, e poi portiere della Roma per tre stagioni. Ultimo della lista il portoghese Mário Rui, terzino portoghese che in estate ha lasciato la Roma per indossare la maglia azzurra ma per il momento con unico comune denominatore: l’essere oggetto misterioso di entrambe le squadre.
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Così vicine, così lontane, ma poi così simili. Roma e Napoli hanno tanto in comune, tantissimo, più di quanto si possa immaginare, anche alcuni idoli indiscussi.
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