La gara di campionato Juventus-Roma della 38esima giornata della Serie A 2019-20 è stata l’ultima volta di Gianluca Rocchi come arbitro.
L’ex arbitro fiorentino ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Sky della quale vi proponiamo alcuni passaggi.
“Mi piacerebbe tantissimo che l’arbitro venisse considerato una parte del gioco, che lo si vedesse veramente con occhi diversi, perché ancora lo si vede come una figura esterna, e la cosa che mi lascia una grandissima soddisfazione dell’altra sera alla fine di Juventus-Roma è che io mi sono sentito in quel momento una parte del gioco vera, perché me l’hanno riconosciuto loro, e per questo mi sento di ringraziarli.
Ho ricevuto tantissimi messaggi, mi hanno scritto da Malagò a Gravina, ovviamente i vertici arbitrali, ma anche giovani arbitri con cui mi sono allenato a o che non conoscevo, si sono fatti dare il numero. E’ stato trasversale e molto bello, vuol dire che c’è stato un ringraziamento per quello che ho fatto sul terreno di gioco.
E’ stato giusto chiudere il cerchio dopo le polemiche di Juventus-Roma del 2014. Quella partita mi ha insegnato tanto, soprattutto come reagire. Ho fatto un percorso personale per capire dove avevo sbagliato e soprattutto come potevo ripartire.
Gli anni successivi sono stati una rivalsa con me stesso per dimostrare che non ero quello, ma quello che sono stato dopo. Per questo lo consiglio tantissimo ai giovani: io ho avuto tanti maestri, e li ringrazio, ma in campo sei solo con te stesso, puoi tirare fuori solo quello che hai dentro. Quasi niente a livello sportivo è così formativo.
Di momenti felici ne ho avuti tanti, dalla finale di Europa League alla prima partita diretta ai Mondiali, ma anche l’esordio in promozione a 17 anni in un paesino in Toscana. Ne parlavo con i miei familiari l’altro giorno, sono felice davvero di aver fatto l’arbitro perché mi ha regalato gioie in varie fasi della carriera, a 17, a 30 e ora a quasi 47.
Futuro? Vorrei eliminare tanti preconcetti che ci sono sugli arbitri. Io ad esempio odiavo il conto dei precedenti di un arbitro con una squadra, mi sembra quasi un mettere in discussione la buona fede.
Stadi vuoti? E’ stato bruttissimo, io poi ho sempre dato il massimo con l’adrenalina, l’atmosfera, sotto pressione rendevo meglio, trovarsi soli già dall’arrivo, poi all’ingresso in campo, nella prima partita quasi cercavo il contatto fisico con i giocatori, mi sono sentito solissimo.
Da un lato è giusto che un arbitro si senta sempre in discussione e in competizione altrimenti non riesce a dare il meglio, dall’altro credo che sia ormai chiaro che un arbitro di alto livello non può fare altro e quindi quando smette debba essere aiutato a reintegrarsi nel mondo del lavoro o anche nel mondo arbitrale stesso. Smettere è stato difficilissimo”.