Sono giorni caldi, quelli che stiamo vivendo. Il calciomercato impazza, e con esso anche le temperature.
Ma, violando clamorosamente ogni singola regola dettata da madre natura, stiamo mangiando a sbafo: si ingurgita, senza sosta, pane e ridimensionamento, con un bel contorno composto da internazionalizzazione e provincializzazione.
Sazi? manco a parlarne.
Queste ricche “pietanze” non hanno soddisfatto il nostro stomaco, ma nemmeno la nostra sete di sapere. Forse non ci hanno saziato perchè negli ultimi tempi sono perennemente sulla bocca del Presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis.
In un arco temporale poi nemmeno così breve, il numero uno azzurro ha creato i presupposti affinchè questi termini venissero usati troppo spesso, correndo il serio e purtroppo concreto rischio di farli cozzare come cozzerebbero l’anguria e la pasta e fagioli.
Dove sta andando dunque il Napoli?
Che fine ha fatto il processo di internazionalizzazione tanto auspicato dallo stesso De Laurentiis appena un anno fa, battezzando l’intento con l’avvento napoletano di Rafa Benitez?
Una domanda legittima, considerato che questo sublime e corposo desiderio presidenziale era dettato da una insofferenza all’italianità, vestito troppo stretto per una mente aperta e futurista come quella del “Marinetti” del Napoli.
Ma la risposta al quesito, che sembra complessa, è molto semplice: l’internazionalizzazione si è tramutata in provincializzazione.
Un termine dal sapore sgradevole, inutile girarci attorno.
De Laurentiis ha parlato di provincializzazione, esaltando i valori sani della provincia, rispetto alla saccenteria, alla presunzione ed allo snobismo esterofilo.
Come mai questa inversione di tendenza?
Potremmo definirla una sorta di dispetto nei confronti di coloro che l’hanno rifiutato? Potremmo.
Oppure una costrizione dettata da un budget più limitato? Anche.
In entrambi i casi, non entusiasmanti premesse.
Ma la provincializzazione è di fatto un ridimensionamento?
Ridimensionamento economico? Si.
Il Napoli non avrà a disposizione gli introiti della Champions League (per il secondo anno consecutivo), e non avrà a disposizione (speriamo), gli incassi degli anni passati derivanti dalle cessioni milionarie di Lavezzi e Cavani.
Ridimensionamento tecnico? Forse.
E’ certo non arriveranno a Napoli i grandi campioni sognati l’estate scorsa, ma non è detto i nuovi arrivi rendano meno degli ipotetici campioni rimasti nel mondo dei sogni.
Ridimensionamento degli obiettivi? No.
Ma non è detto di fatto sia anche un ridimensionamento di obiettivi e soprattutto non è detto il Napoli non possa ottenere risultati migliori della stagione appena finita.
Insomma, il numero uno della società azzurra, non ha avuto il coraggio di esplicitare l’obbligo dinanzi al quale si è trovata la SSC Napoli: ridimensionare i suoi programmi. Un peccato. Ne avrebbe guadagnato in immagine.
Ma ciò non è detto voglia dire in termini di risultati che il Napoli faccia peggio della stagione appena finita, magari conquistando ciò che ci è sfuggito nella passata stagione.
Ci apprestiamo a dire la cosa più scontata ed elementare del mondo: la palla è rotonda.