Guai in vista per Mino Raiola
Mino Raiola è lusso, successi, eccessi. Il più influente agente dei calciatori ha poche regole e un credo, anzi un vanto: se stesso. Ora scopre che esiste un limite. Perché la Procura federale – la struttura inquirente Figc – gli ha appena notificato a tre indirizzi europei l’apertura di un’indagine per la violazione del codice di giustizia sportiva: dichiarazioni lesive contro l’istituzione (per l’esattezza, articolo cinque). Raiola soppesa le percentuali, non gli insulti pubblici. Un giorno definì “cane ” Pep Guardiola.
Il procuratore Giuseppe Pecoraro gli contesta la furiosa reazione – datata 20 marzo – per la mancata convocazione in Nazionale di Mario Balotelli, assistito raiolano, il fuoriclasse che a volte non s’applica abbastanza: “Abbiamo una Federazione che fa schifo, è molto scarsa, molto debole, non ha idee di cosa fare. Dovremmo cercare prima un direttore sportivo, poi fare un piano tecnico, non cercare un tecnico e farci fare un piano”.
Il pericolo è una sanzione di qualche decina di migliaia di euro, e Raiola l’assegno lo stacca bendato. Il messaggio è più raffinato, e per Raiola non è ammessa indifferenza, o peggio strafottenza. Qui si tratta di un principio (parolone): pure gli agenti dei giocatori, che scarnificano o rimpinguano le formazioni, che incidono sul campionato, subiscono un procedimento disciplinare. Non sono immuni. Non sono estranei. Anche se incassano in Italia e fatturano in Irlanda. I campioni di Raiola producono spettacolo, Raiola fa spettacolo. A suo modo, è uno spettacolo, di maschere e di copioni variabili. Con incipit malinconico: originario di Nocera Inferiore, in provincia di Salerno, da ragazzo emigra col padre in Olanda. E poi leggende: un passato nel ristorante di famiglia, dirigente sportivo al debutto si fa apprezzare per il trasferimento di un biondino all’Inter, Dennis Bergkamp.
Oggi “Re Mino” arruola Paul Pogba, Zlatan Ibrahimovic, Marco Verratti, Blaise Matuidi. Pollici all’insù con i campioni del pallone. Colloqui riservati a mollo in piscina. Conferenze stampa in bermuda. Accordi milionari firmati nei salotti degli aerei privati. Aziende in Europa, villa a Miami. Incastri astrusi con le società: il Milan cinese strappa per 6 milioni di euro a stagione il portiere Gianluigi Donnarumma e ingaggia il fratello Antonio per il ruolo di vice. E il Milan riporta il racconto su Raiola di nuovo verso l’Olanda. Il fisco di Amsterdam s’è posto una domanda: base a Montecarlo e società in Irlanda, l’agente dove paga le tasse? Come ha rivelato il Fatto, le autorità olandesi hanno avviato un’istruttoria su Raiola per verificare la sua reale residenza fiscale. Il periodo scandagliato va dal 2014 al 2017 e sappiamo che gli olandesi hanno chiesto alla Guardia di Finanza di recuperare i contratti siglati con i rossoneri.
Raiola ha un rapporto antico con il Milan. Ha attraversato indenne il passaggio di consegne fra la gestione di Silvio Berlusconi e la chiacchierata avventura di Yonghong Li, l’imprenditore cinese dal patrimonio friabile, inseguito da un paio di banche e da una caterva di debiti. In Lega calcio l’hanno accolto con giubilo scrutando con sguardo vispo le sue credenziali di onorabilità.
Il futuro dei rossoneri di Rino Gattuso, vicini a una qualificazione in Europa League e non lontani dall’ingloriosa sconfitta in Coppa Italia, dipende dal fondo Elliott. Dagli americani – che comandano in Telecom – che hanno prestato 300 milioni di euro (con tasso all’undici per cento) al carneade cinese con le mitologiche miniere di fosfato.
Yonghong Li ha comprato il Milan per 740 milioni di euro: oltre all’aiuto di Elliott, la transazione si è completata con 340 milioni planati sui conti di Fininvest da conti offshore. L’esordio nel campionato italiano di Li è parecchio modesto, non può festeggiare. A differenza di Berlusconi, che s’è liberato di un’azienda in perdita (ormai anche di consenso politico) e di Raiola, che ha sistemato la famiglia Donnarumma. Le domande, con motivazioni diverse, se le fanno pure in Figc: cos’è accaduto attorno al pluridecorato Milan negli ultimi anni?
di Carlo Tecce per il Fatto Quotidiano