Napoli è stata sempre la patria dell’allegria, del sorriso, del buon umore. Eppure, diventare l’allenatore del Napoli, significa pian piano perderlo.
Rafa Benitez si è presentato nel capoluogo partenopeo con un sorriso a 360° ed uno spirito goliardico senza eguali. Ma nel corso del tempo la fisiognomica del tecnico spagnolo ha modificato i suoi tratti. I muscoli da rilassati si sono corrugati, il sorriso si è annidato altrove, gli occhi hanno pigiato il dito sull’interruttore e si sono spenti.
Le conferenze stampa, da teatro di battute, sorrisi e risposte articolate, si sono trasformate in platee in cui lo sguardo è stato più che sufficiente per capirsi.
La difesa è tutta per la squadra, per i ragazzi, i suoi ragazzi. L’impegno è profuso e dunque difeso. Ordunque, nel calderone delle accuse, quello su cui riversare i malumori e rabbia, chi c’è?
Il Presidente De Laurentiis? Forse. La stampa? Probabile. La piazza? Presumibile. Insomma, la sensazione è che ci siano tutte le altre componenti del mondo Napoli, squadra esclusa.
Si percepisce, insomma, una lotta interna tra uomini mascherati. Una tensione senza nome e senza cognome. Una nube che coinvolge, travolge, e non consente di capire.
Una confusione che sicuramente bene non fa. A nessuno.
Sbagliamo se diciamo che sembra vivere un dèjà vu? Sbagliamo se sosteniamo di avere l’impressione di rivivere la permanenza di Walter Mazzarri a Napoli? Probabilmente no.
Il Napoli ha bisogno di svoltare. Urgono tachipirina ed antibiotico. Dunque, vittoria a Sassuolo e chiarezza. Tanta chiarezza.