La volontà delle parti è chiara: garantire al Napoli uno stadio adeguato al blasone della squadra. Per questo, Luigi de Magistris e Aurelio De Laurentiis hanno avviato una serie di incontri per trovare una soluzione stilando anche un cronoprogramma. Soluzione che, in ogni caso, difficilmente potrà passare da una strada diversa da quella della gara pubblica; sia che si parli di concessione lunghissima, sia che si valuti la vendita, oppure che si consideri la cessione del diritto di superficie. Il San Paolo, infatti, è un bene pubblico e non può essere affidato a trattativa privata. Gli uffici comunali e quelli di De Laurentiis sono a lavoro. La cosa importante è che la volontà di arrivare ad una conclusione, stavolta, ci sia da entrambe le parti. Atteso che De Laurentiis ha detto che «il modello dello stadio di Napoli non sarà lo Juventus stadium», si studiano ora soluzioni alternative. E il format che si fa strada a Palazzo San Giacomo è quello di Udine, dove il Comune ha ceduto il diritto di superficie dello stadio all’Udinese dopo aver interpellato l’Agenzia del Territorio e la Corte dei conti. Ne è venuta fuori una valutazione di 22,6 milioni che però il club di Pozzi ha scomputato con la realizzazione dei lavori (che costano molto di più). Analogo ragionamento si fa anche negli uffici del Comune di Napoli, dove manca ancora l’assessore allo Sport, ma dove la voglia di accontentare il club azzurro è fortissima. C’è infatti piena coscienza che una società come il Napoli debba poter contare su uno stadio adeguato. E la cessione del diritto di superficie appare senza dubbi la soluzione più percorribile. La vendita, infatti, presupporrebbe una valutazione dello stadio che porterebbe l’intera operazione a cifre esorbitanti, atteso che per rifare lo stadio occorrono non meno di 70 milioni e che a Udine — solo per avere un parametro — la sola cessione del diritto di superficie è valsa 22,5 milioni. Il Comune, peraltro, non potrebbe regalare lo stadio tanto più perché è in predissesto. Per far tutto, servirebbe ovviamente un progetto. Poi la giunta dovrebbe dare il via libera senza necessariamente passare in Consiglio comunale, a meno che non volesse farlo per condividere con l’intera città l’operazione. Dall’Agenzia del Territorio arriverebbe quindi la stima — su richiesta del Comune — della cessione del diritto di superficie. Mentre — almeno così è stato a Udine — dell’intera operazione si chiederebbe il via libera alla Corte dei conti. Quindi si potrebbe procedere con la gara, così come prevede la nuova proposta di legge sugli stadi fatta da Dario Nardella (Pd) che ha sostituito la ex proposta Lolli-Butti. L’iter, almeno così è stato a Udine, porterebbe via almeno un anno se non di più. In tal senso, l’ingegner Dario Boldoni si candida a fare da apripista per una procedura simile con la pallacanestro. «Chiederò al Comune», l’ex vicepresidente del Napoli, uno dei massimi esperti del settore che, insieme a Maurizio Baldi, ha riportato il basket a Napoli, «di seguire questo iter col Palargento». Intanto, il Napoli e il Comune — che si sentiranno in giornata per la presentazione della gara dell’Italia con l’Armenia che si giocherà al San Paolo il 15 ottobre — lavorano sulle ipotesi strutturali. L’Uefa vorrebbe che gli stadi di calcio fossero tutti senza pista di atletica e con gli spalti a ridosso del campo di gioco. Anche al Napoli non dispiacerebbe questa soluzione. Ma l’intervento presupporrebbe l’interramento del campo con buona pace della consistenza tra lavori e gioco continuo, con un’operazione che di fatto impedirebbe l’uso dello stadio per molti mesi. I tecnici ragionano quindi sull’inevitabile cambio di angolazione del primo anello, senza escludere il mantenimento della pista di atletica, e sull’inserimento dei famosi skybox: operazioni, queste, che determinerebbero anche la riduzione dei posti — come piace a De Laruentiis — portando la capienza massima del San Paolo a circa 55mila spettatori. Perché il senso è un po’ questo: lo stadio deve essere sempre pieno con un’inevitabile corsa al biglietto. Poi si dovrà smontare la copertura e rifarne una nuova.
Fonte: Corriere del Mezzogiorno