Il calcio senza i tifosi non diventa solo un altro sport, come si lamentano gli addetti ai lavori ma, semplicemente, non esiste, perché il calcio non è solo uno sport ma tanto, tanto altro.
Nel vuoto pneumatico creatosi negli stadi vuoti, rimbombano le voci degli allenatori e dei calciatori che, ad ogni fallo subito, sembrano colpiti a morte.
Il peggio, però, avviene fuori, il silenzio assordante viene riempito da mille voci che si rincorrono, si sfiorano, si scontrano e montano.
Chiacchiere e considerazioni personali si trasformano (come in un sortilegio fatto da streghe un po’ sfigate) in opinione pubblica.
Opinione si ma personale, anche se condivisa da qualcuno ma non certo l’espressione del pensiero generale. Lo striscione, portato a Castelvolturno dai rappresentati della Curva B, ha ridato la voce che quest’anno terribile ha strozzato in gola.
Gli stadi non sono più i palcoscenici dove si celebra il più sacro dei riti profani ma un luogo di clausura.
Monaci solitari che esercitano le funzioni lontano, isolati dal mondo e che puoi sbirciare solo attraverso le feritoie di uno schermo mediato dalla lettura che ne danno esegeti estranei.
Quando tornano i cori (seppure silenziosi) torna il pallone che qualcuno voleva portarsi via.