Il Corriere della Sera intervista il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri. Non è il virus ad essere cambiato, dice, ma il modo in cui si manifesta.
Professor Remuzzi, il virus è cambiato?
«Stiamo ai fatti. Siamo passati dagli 80-120 ricoveri al giorno, tutti con grandi difficoltà respiratorie, a zero nuovi arrivi per Covid-19 negli ospedali».
Per questo lei ripete da settimane che non siamo più di fronte alla stessa malattia?
«È cambiato il modo in cui si manifesta. Forse siamo di fronte a una riduzione della carica virale. Quando è molto elevata, la malattia di solito è grave. Ora non succede più, non come prima, almeno. Al punto che gli studi italiani sui farmaci per combattere il virus sono in difficoltà perché non si trovano più malati».
C’è una spiegazione?
«Adesso il virus si ferma nelle alte vie respiratorie, e non raggiunge più gli alveoli polmonari, provocando il disastro che abbiamo visto nei mesi scorsi. È verosimile che questo dipenda da una carica virale inferiore».
Può essere un effetto positivo delle mascherine?
«Le mascherine servono. Riducono in modo importante la quantità di goccioline con particelle virali trasmesse da una persona all’altra. Assieme al mantenimento della distanza e al lavaggio frequente delle mani sono la prima ragione di questo affievolimento».
Ne esiste una seconda?
«A un certo punto le epidemie si esauriscono. Come è avvenuto con la Sars».
Per quale ragione?
«Non lo so. Ed è una risposta sincera. Non lo sa nessuno. Sulla fine dei virus, vaccini a parte, esistono soltanto teorie, e nessuna spiegazione davvero provata a livello scientifico».