Miralem Pjanic racconta tutto. Il regista bosniaco della Juventus, ha parlato in una lunga intervista ai microfoni del Guardian.
FAMIGLIA – “I miei erano ancora molto giovani, 20, 22 anni e andarono in questo nuovo paese dove non parlavano la lingua, con due o tre valigie. Sono partiti da zero e sono riusciti a formare una bella famiglia, e sono ancora tutti insieme dopo 27 anni vissuti insieme. E’ una cosa bellissima. Oggi vivono in Lussemburgo, ho una sorella e un fratello che stanno crescendo bene. I miei genitori sono un esempio per me, per quello che sono riusciti ad ottenere senza avere niente in mano per cominciare”.
PADRE – “Mio papà era un centrocampista, come me, ed era anche bravo. Quando lo guardavo mentre crescevo, ho potuto vedere che sapeva davvero giocare a calcio. Non ha avuto tutte le mie possibilità per avere una grande carriera, ma ha fatto il possibile. Il suo obiettivo poi è diventato soprattutto quello di lasciare un paese in cui la sua famiglia era in pericolo. Il calcio a quel punto non era la cosa più importante”.
GIOCO SEMPLICE – “Non sono uno che può fare 10 doppi passi o colpi di tacco, non mi interessa. Sono molto più affascinato dalla semplicità del gioco, perché è la cosa che rende questo sport così bello. Le cose più semplici spesso sono le più difficili. Non tutti riescono a farle. Ho avuto la fortuna di vedere da vicino giocatori come Zidane, Xavi, Iniesta, Pirlo. Tutti rendono le cose semplici per la propria squadra. Fanno in modo che tutta la squadra giochi bene con piccole cose che spesso non vengono notate. Riflettono su ciò che sta succedendo in campo e agiscono per facilitare la vita ai ragazzi che li circondano”.
RONALDO – “Se guardi com’era a Manchester e poi adesso che è diventato il migliore del mondo, puoi notare come il suo gioco sia cambiato, è diventato più concreto. Ho letto un sacco di cose che Cristiano ha detto a proposito di Paul Scholes e di come si è allenato. Tutti parlavano di Scholes come di un giocatore straordinario, ma perché è diventato speciale mantenendo le cose semplici. Penso che Ronaldo abbia imparato da giocatori così”.
PUNIZIONI – “La differenza tra Juninho Pernambucano e gli altri giocatori non sta nella ‘maledetta’, ma nel fatto che quando Juninho calciava la palla solitamente entrava. Ecco perché era il numero 1 nei calci di punizione, perché era concreto. I suoi calci di punizione finivano sempre con un gol o un assist”.
BEL GIOCO – “Mi piace guardare le squadre che giocano bene, che muovono la palla a terra e agiscono collettivamente. Il Napoli, negli ultimi anni, ha giocato proprio un bel calcio. Però un titolo, una coppa, i festeggiamenti con la tua squadra e la felicità dei tifosi sono la ricompensa per tutto il duro lavoro che hai svolto. Qualcosa che ti rimane. Quando giochi bene e non vinci, alla fine ti stanchi. Hai perso qualcosa, hai perso tempo”.
CHAMPIONS LEAGUE – “E’ sempre stata importante per la Juve, andare fino in fondo e vincere tutto è un nostro obiettivo. Abbiamo un sacco di qualità e crediamo in questo gruppo. Un passo alla volta, però. Adesso il nostro obiettivo primario è finire in testa al girone”.