Nell’edizione odierna de ‘Il Corriere dello Sport’, è intervenuto l’ex giocatore Eraldo Pecci.
Su Lobotka:
«Quando è arrivato in Italia aveva qualche chilo di troppo da smaltire. Addirittura Gattuso gli preferiva Demme che aveva altre caratteristiche. Col tempo, risolto il problema peso, ha dimostrato a tutti di essere un grande giocatore. Le qualità non erano mai state in discussione, il problema era metterle in evidenza».
Con l’Eintracht era ovunque, ha inseguito gli avversari anche dentro gli spogliatoi.
«Ormai ha capito bene il ruolo che ricopre e lo sente suo. Non sbaglia mai un passaggio in uscita e fa correre sempre l’azione. E’ nel cuore della squadra, gli sono tutti vicino e quando la squadra si allunga è lui ad accorciarla, per posizione geografica tocca sempre più palloni di tutti e sbaglia pochissimo».
Il Napoli di Sarri si era legato a Jorginho come quello di Spalletti a Lobotka.
«Infatti si somigliano e avrebbero fatto bene anche uno al posto dell’altro. Jorginho in questo Napoli avrebbe brillato come sta facendo Lobotka. Entrambi abbinano ottima tecnica individuale alla capacità di assistere i compagni in ogni momento e in ogni zona di campo».
Rappresentano l’evoluzione del ruolo di regista? «Appartengono a questa epoca e sono coerenti con il calcio dei propri allenatori. Sia Jorginho che Lobotka per il ruolo che ricoprono non hanno l’obbligo di fare bella figura o di rubare la scena ma hanno il compito di non sbagliare mai ed essere sempre costanti e continui nell’arco dei novanta minuti. La squadra ha sempre bisogno di loro e non possono prendersi una pausa. Poi, certo, ogni tanto arriva anche la gloria personale, ma è lei che deve venire da te e non devi essere tu a rincorrerla».
Anche senza gloria,che sia un gol o un assist decisivo, Lobotka è diventato insostituibile a suon di tocchi di prima e recuperi.
«E’ vero ma aggiungo anche che questo Napoli ti strappa gli occhi e quando lo guardi ti viene solo voglia di applaudirlo a prescindere dagli interpreti. In questo gioco si esaltano tutti. Se perde palla tutti accorciano, c’è una chimica e un’organizzazione tattica perfetta. E’ una squadra che sembra imbattibile e in questo contesto Lobotka sembra il Bennacer del Milan che ha vinto lo scudetto lo scorso anno».
Quindi Anguissa è Kessié?
«Sì, per caratteristiche sì, ma sapete chi mi ricorda anche? Il babbo. Quello che dice ai figli: divertitevi voi che a tutto il resto ci penso io. E’ l’uomo della fatica ma unisce anche tanta qualità. Giuntoli è stato bravo a scoprirlo come Kim e Kvaratskhelia, ma è stato anche fortunato perché i nuovi si sono subito inseriti grazie all’empatia tattica del gruppo. Non era scontato: prendete Platini o Falcao, ad esempio. Hanno avuto bisogno di tempo prima di dimostrare il proprio valore in Serie A».
In città c’è qualche vocina che prova a trovare similitudini tra questo Napoli e quello degli scudetti.
«Forse arrivano dai bar? Perché solo lì si possono fare certi paragoni. Ma d’altronde non è colpa dei tifosi o dei giocatori. Diciamo solo che di prima volta ce n’è una sola. E di Maradona ce n’è uno solo. Se provi a fare un paragone con Diego non ne esci mai bene».
In Champions la strada è tracciata?
«Il Napoli ha dato spettacolo fino a questo momento e può arrivare ovunque, ma ora viene il bello. Giocare in Europa è diverso che in campionato. Non sono mai partite normali tra voli, alberghi, lingue diverse, nuove abitudini, stress. Per la squadra di Spalletti le prossime partite saranno come degli esami».
Li potrà superare a pieni voti?
«Non vedo in Europa, ad oggi, una squadra che possa contrastare il Napoli, ma quando vai avanti in una competizione come la Champions League conta tanto anche l’esperienza e da questo punto di vista il Napoli può pagare qualcosa. Mi auguro di no, ma è un aspetto da prendere in considerazione».