Editoriale

Onore e disonore, da Quagliarella passando per Torino e ritorno

Negli ultimi giorni sono saltati i tombini e la fogna mediatica è tracimata coprendo tutto, o quasi.
Denunce e contro denunce, proteste, repliche e contro repliche, prime pagine di giornali che attraverso una pseudo satira( je suis..chi?) ridicolizzano e offendono un popolo, con la buona pace di alcuni rappresentanti del popolo stesso che, anziché scandalizzarsi, cercano giustificazione alla vergogna.

In fondo, solo tanta noia e una voragine di banalità di cui non si intravede la fine.

Gli italiani dovrebbero essere studiati da un team di psichiatri, non riescono a non pensare a Napoli, non riescono a non parlare di Napoli, ne sono tutti ossessionati.

Sarebbe interessante scoprire il perché.

Però è quando la notte si fa più scura che sta per sorgere l’alba.

Lo ha provato sulla propria pelle Fabio Quagliarella che, nel corso di una vita piena di fama, soldi e fortuna è inciampato in un buco nero che ha inghiottito il suo sogno più grande: vestire per sempre la maglia del Napoli.

Ci era riuscito ma ad un certo punto gliel’hanno strappata da dosso, solo che lui l’aveva cucita sulla pelle ed ha perso molto sangue e lacrime.

Quando si trasferì a Napoli una frase su tutte resto impressa nella memoria” Finalmente a Natale non dovrò più fare la valigia per tornare come tutti gli emigranti, sarò già a casa”

Questo da il senso di tutto:
Amore, passione, appartenenza, condivisione, sogno, lotta, sacrificio, rispetto, lealtà, riconoscenza.
Questo è il senso del calcio, nonostante la vergogna e il disonore nei quali in tanti tentano di seppellirlo.

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