O Capitano mio capitano la strana vita di Di Lorenzo da condottiero di un manipolo di eroi a capro espiatorio di un flop storico.
Colpiscono le immagini del film scudetto che riportano alla memoria
il legame fortissimo che c’era tra
Di Lorenzo e Spalletti.
Il trionfo suggellato da abbracci infiniti e parole di riconoscenza eterna.
Giovanni è stato un capitano straordinario nell’anno dello scudetto.
Da Udine a Udine, un anno dopo, al triplice fischio, Di Lorenzo era incredulo e inconsolabile.
Questa volta sono stati i compagni a rincuorarlo.
Il capitano, com’è giusto che sia si è preso sulle spalle tutto il peso di una stagione complicatissima.
Come quando è andato sotto la curva ad Empoli ad ascoltare le vibranti ma civili, proteste dei gruppi organizzati.
Oppure, quando era il primo a guidare i compagni sotto le curve al Maradona, per prendersi i fischi.
Troppe negatività che si sono ripercosse anche sulle prestazioni personali.
Il capitano è stato strattonato da tutte le parti, chi lo tirava da qua, chi lo tirava da la.
Società, compagni, ambiente e lui doveva mediare, ascoltare e cercare soluzioni, spesso impossibili da trovare.
Ora, al crepuscolo de
l’annus horribilis restano tante recriminazioni, rimpianti e rabbia anche per la consapevolezza di non essersi ripetuto ai suoi livelli.
Il capitano avrà la possibilità di rigenerarsi, giocandosi l’Europeo con il suo guru Spalletti.
Poi si ricomincerà partendo, anche, da lui, in un contesto, si spera, normalizzato,
nel quale ognuno faccia la propria parte e si assuma le proprie responsabilità.