“Coraggio, cuore ed intelligenza” aveva chiesto Carlo Ancelotti ai suoi giocatori, nella conferenza stampa alla vigilia della gara di ritorno contro l’Arsenal, in cui il Napoli era chiamato ad una grande impresa.
C’era, infatti, da rimontare il pesante 2-0 subito nella gara d’andata, un risultato che ha lasciato l’amaro in bocca soprattutto per la brutta prestazione degli azzurri, che, in particolare nel primo tempo, sono stati in balia dei Gunners, pur fallendo due clamorose occasioni da gol con Insigne e Zielinski.
Ma, a quanto pare, i consigli di Ancelotti non sono stati presi in considerazione dai calciatori del Napoli, visto che del coraggio, del cuore e dell’intelligenza non c’è stata traccia. Si è vista, invece, una squadra che ha avuto, sì, un buon approccio alla gara, difendendo in maniera ordinata e andando anche vicina al vantaggio ma che, nel complesso, ha fatto troppo poco per provare, quantomeno, a scrivere la storia. Fino al gol di Lacazette, che ha definitivamente spento qualsiasi velleità di qualificazione.
Dopo la brutta prestazione dell’Emirates, Ancelotti aveva scelto di puntare, nuovamente, sulla famosa difesa a “tre e mezzo”, che tanto bene aveva fatto, in Champions League, contro Liverpool e Paris Saint Germain ma a venire meno sono stati gli interpreti.
Nulla da dire sulla prestazione di Koulibaly, Chiriches e Maksimovic (sostituito a fine primo tempo per dare alla squadra un assetto più offensivo) che hanno concesso veramente poco agli attaccanti dell’Arsenal, ma tutt’altro che brillanti sono state le prestazioni di alcuni calciatori che, nel corso della stagione, ci avevano abituato a ben altro.
È il caso, ad esempio, di Allan, che, da mastino capace di annullare fenomeni del calibro di Salah e Mbappè, è rimasto intrappolato nella morsa di Xhaka e Torreira, perdendo un’infinità di palloni ed offrendo l’ennesima prova incolore da gennaio in poi.
E che dire di Fabian, che sta vivendo il suo peggior momento da quando veste la maglia azzurra, probabilmente ancora debilitato dal virus che lo aveva colpito nelle scorse settimane. Non si salva neppure Milik, che inizialmente aveva trovato la via del gol, annullato, chissà quanto giustamente, dall’arbitro Hategan (inammissibile l’assenza del VAR in un quarto di finale di Europa League, vedasi anche il clamoroso fuorigioco sul primo gol dell’Eintracht contro il Benfica), ma che, successivamente, ha fallito due ghiotte occasioni da gol, la prima delle quali sul risultato di 0-0.
Brutto errore anche da parte di Meret, che piazza male la barriera in occasione del gol di Lacazette, riscattandosi, in parte, in occasione del salvataggio su Aubameyang che aveva calciato a botta sicura a pochi passi dalla porta. Ma sarebbe ingiusto gettare la croce sul giovane portiere che ha dimostrato, ampiamente, di poter diventare il futuro titolare della Nazionale.
Così come è ingiusto gettare la croce sul solo Lorenzo Insigne, assurdamente fischiato dal pubblico del San Paolo al momento della sostituzione con Younes. Ed è lì che si vede tutta la rabbia, la frustrazione del capitano azzurro, rammaricato per il triste epilogo di questo cammino europeo.
Un rammarico dovuto alla quasi totale incapacità di fare male all’Arsenal, di capovolgere le sorti di una qualificazione che, già dal gol di Ramsey all’andata, è sembrata praticamente indirizzata, di evitare l’ennesima delusione in campo continentale. Contro una squadra sicuramente forte, guidata da un grandissimo allenatore come Emery e apparsa superiore dal punto di vista fisico e dell’intensità ma contro la quale si poteva fare qualcosa in più.
Si chiude, di fatto, una stagione di transizione, che ha permesso al tecnico di fare le dovute riflessioni su quali possano essere i giocatori più funzionali al suo progetto, e quali, invece, saranno costretti a salutare, venendo sostituiti da altri. Nella speranza che, finalmente, si possano vedere cuore, coraggio e intelligenza.