Un Napoli reduce da un periodo non brillante di forma non riesce ad andare oltre l’1-1 casalingo contro il Salisburgo, nel quarto turno di Champions League.
Il pareggio, per quanto deludente, avvicina, comunque, gli azzurri alla qualificazione agli ottavi di finale della competizione, ma nel post partita la situazione precipita definitivamente. Carlo Ancelotti decide di non parlare alla stampa e la squadra, in una sorta di ammutinamento, opta di abbandonare il ritiro: i giocatori fanno, dunque, ritorno alle rispettive case.
Uno scenario disastroso, aggravato ulteriormente dalla contestazione ricevuta quest’oggi, in occasione dell’allenamento tenuto allo stadio San Paolo, sotto gli occhi di circa 600 abbonati, che rappresenta, però, la perfetta fotografia delle difficoltà di questa stagione.
Il Napoli, sulla carta una delle principali candidate alla vittoria dello Scudetto, si trova, al momento, fuori dalla zona Champions e, soprattutto, ha già accumulato un distacco di 11 lunghezze dalla Juventus e di 10 dall’Inter, rispettivamente prima e seconda forza del campionato. Una situazione impronosticabile ad agosto, dopo l’annuncio del nuovo acquisto Hirving Lozano.
Ma a colpire, più che la crisi di risultati, è l’involuzione dal punto del gioco: spesso il Napoli, infatti, è apparso spento, senza identità (vedasi il match di Ferrara contro la Spal), incapace di reagire ai “colpi” degli avversari, come avvenuto, ad esempio, nell’ultimo match di campionato contro la Roma, in cui, tolti 20 minuti, gli azzurri sono stati perennemente in balia dei giallorossi.
Una squadra che ha visto calare drasticamente il rendimento di alcuni dei propri calciatori più rappresentativi: il caso più emblematico è quello di Lorenzo Insigne, che aveva iniziato alla grande la scorsa stagione, per poi rallentare bruscamente. Ma anche Kalidou Koulibaly che, forse per l’addio di Albiol, forse perché distratto dalle continue voci di mercato, sembra essere il lontano parente del difensore fortissimo ammirato fino allo scorso maggio.
La scorsa sembrava essere una stagione di assestamento, la prima dopo l’addio di Maurizio Sarri e l’approdo di Carlo Ancelotti, in cui il mister di Reggiolo potesse conoscere la squadra e valutarne pregi e difetti, in preparazione ad una stagione da protagonisti. Ma dopo essersi adagiato sugli allori di un secondo posto conquistato senza troppi patemi d’animo, il Napoli sembra essersi impantanato, nonostante il mercato abbia portato innesti importanti come Kostas Manolas, Hirving Lozano e Giovanni Di Lorenzo (al momento, per distacco, il migliore acquisto estivo).
Dopo l’accantonamento del 4-2-3-1 che Ancelotti intendeva proporre, stando a quanto visto in estate e nelle prime due gare di campionato, anche il 4-4-2 non sembra essere il modulo più indicato per la squadra azzurra che, paradossalmente, ha fatto vedere ottime cose proprio contro il Salisburgo, quando si sono visti sprazzi di 4-3-3, con Callejon portato maggiormente in mezzo al campo.
La stagione, unendo le forze, può ancora essere salvata, ma l’impressione è che il ciclo iniziato nel lontano 2013 sotto la guida di Rafa Benitez e portato avanti, prima da Sarri, poi da Ancelotti, stia per chiudersi definitivamente e che la serata di martedì sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Uno spogliatoio che sembra aver perso la consueta armonia che lo aveva contraddistinto per anni; senatori in scadenza di contratto; uomini mercato che, forse, sono ormai privi di stimoli. Ecco perché in estate nessuno sarebbe sorpreso da un’eventuale rivoluzione…