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Napoli-Juventus: il tifo “aziendale” e quello “di appartenenza”

La partita contro i bianconeri rappresenta uno scontro non solo sportivo, ma anche profondamente ideologico

In campionato come in coppa. La doppia sfida del San Paolo, suggestiva e ricca di spunti, non è soltanto una partita di pallone, ma rappresenta due modi diversi di vivere il calcio, probabilmente agli antipodi, che rispecchiano, almeno in parte, anche una concezione ben diversa delle proprie priorità e dei propri valori.

Non ci sono dubbi sul fatto che la passione bianconera sia del tipo “aziendale”, vincente e poco incline al sentimentalismo sfrenato. Alla Juventus “vincere è l’unica cosa che conta”, e i modi con i quali tale vittoria arrivi, poco importano. Lo testimonia, più di ogni altra cosa, la direttiva, da parte della società di Agnelli, di considerare i propri scudetti “sul campo”, in barba alla giustizia sportiva o, se vogliamo, al rispetto del gioco in sé.

Il pensiero di gruppo, la sintonizzazione quasi totale dell’intero tifo juventino sulle stesse idee (come quella appena citata del numero di scudetti realmente attribuibili o sul recente caso ‘ndrangheta) è un’altra caratteristica intrinseca del tifoso che non vede sfumature, ma solo bianco e nero, e si conforma al resto del proprio gregge senza provare a trovare da solo le proprie ragioni.

Napoli, d’altra parte, è il regno delle mille contraddizioni, di sfumature di colori che alle volte stonano, ma spesso riescono a regalare un panorama mozzafiato. L’amore in questo caso non è legato alla vittoria, e non è il frutto dei blasoni. A Napoli la passione passa per l’appartenenza, per la gioia di veder trionfare la propria terra. La squadra, come la maglia, sono gli strumenti che usiamo per sentirci ancor più  legati a casa nostra, un attaccamento anche un po’ troppo morboso.

Paradossalmente può diventare piacevole, in questo contesto, veder litigare appartenenti allo stesso tifo: il Presidente ‘pappone’  contro il Presidente che ha riportato il Napoli in Europa. L’allenatore che ha appena vinto il premio come miglior tecnico dell’anno, contro l’allenatore che non sa gestire le partite. I mercenari strapagati, contro i fedelissimi che baciano la maglia. Tutto a Napoli è discutibile, e tutto diventa discussione. Certezze non ce ne sono mai, ma è proprio questo il punto. Il dibattito genera pensiero, e il pensiero genera creatività, un elemento che è alla base della felicità.

Sarà anche per questo che chi tifa Napoli, o per voler allargare il discorso, chi tifa per la squadra della propria città, potrà probabilmente gestire meglio una bacheca più vuota, rispetto a chi oltre alla bacheca, non può vantare nulla.

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