10 maggio 1987: una data scolpita per l’eternità nella memoria e nei cuori di tutti i tifosi del Napoli.
Tra le mura amiche del San Paolo, gli azzurri passano in vantaggio contro la Fiorentina, grazie ad una rete siglata da Andrea Carnevale, prima del gol del definitivo 1-1 messo a segno da un giovanissimo Roberto Baggio. Un risultato che, unito alla sconfitta dell’Inter a Bergamo, permette agli azzurri di laurearsi, per la prima volta nella loro storia, Campioni d’Italia.
Un traguardo fortemente voluto dal presidente Corrado Ferlaino, che fino a quel momento, in 18 anni alla guida del club, aveva conquistato solo una Coppa Italia. Per il definitivo salto di qualità, il patron diede un segnale fortissimo, acquistando, il 5 luglio 1984, il fuoriclasse argentino Diego Armando Maradona.
Il campione sudamericano aveva già dato ampiamente sfoggio delle sue qualità, sia con la maglia del Barcellona che, soprattutto, con quella della sua Nazionale, trascinata, appena un anno prima, alla conquista della seconda (e finora ultima) Coppa del Mondo.
Una competizione in cui Maradona salì in cattedra, in particolare nella sfida contro l’Inghilterra, in cui prima andò a segno con la “Mano de Dios”, poi realizzò uno dei gol più belli della storia dal calcio, partendo dal centrocampo e superando mezza squadra inglese, dribblando anche il portiere Shilton.
Era arrivato, dunque, per il Pibe de Oro il momento di trascinare anche la propria squadra, che durante l’estate aveva acquistato calciatori importanti come Renica, Giordano, Bagni e Garella. Sotto la sapiente guida di Ottavio Bianchi, la squadra azzurra riuscì ad avere la meglio sull’Inter al termine di un lungo testa a testa.
Un successo che fece scoppiare di gioia un popolo intero, che da troppo tempo sognava un momento simile. Un traguardo che trasformò Diego Armando Maradona in una vera e propria icona per i partenopei. Una vittoria che, unita a quella del secondo Scudetto e della Coppa UEFA con il Napoli, e al già citato Mondiale con l’Argentina, proietterà il funambolo di Lanus, probabilmente, sul gradino più alto dell’Olimpo dei più grandi geni della storia di questo sport.