L’attaccante belga del Napoli Dries Mertens ha rilasciato una lunga intervista al collega Marco Azzi de “La Repubblica”.
Mertens è diventato un giocatore determinante per la sua squadra, uno di quelli che gli amanti delle etichette definiscono “top player”. Mertens cerca e spesso trova la bella giocata, ma si dice pronto a barattare il bel giooco del Napoli in cambio dello scudetto anche se ammette che “E’ stato il nostro calcio a portarci quassù ed è soltanto continuando su questa strada che possiamo sognare di rimanerci: senza alternative o scorciatoie, divertendoci e divertendo i nostri tifosi, con cui condividiamo ogni giorno le emozioni di un posto unico al mondo, che ogni mattina mi dà la sveglia con il sole e con un sorriso”.
Ma sono tanti gli argomenti toccati durante l’intervista che è possibile leggere su “La Repubblica” in edicola oggi.
Sulla città di Napoli.
“Non dimentico come sono stato accolto, quando ero un signor nessuno e tutti si facevano in quattro per farmi
sentire a casa mia (…) Ne conosco ogni angolo, anche le zone dove mi sconsigliano di andare. Qualche mio collega ha rifiutato il club azzurro? Peggio per lui non saprà mai tutto quello che s’è perso. Nel 2010 venni a giocare a
Napoli da avversario, con l’Utrecht. Mi colpì la cartolina: Vesuvio e lungomare. Tre anni dopo arrivò la chiamata di Benitez e mi tornò in mente quella giornata di sole. Feci un sopralluogo con la mia futura moglie e decidemmo subito che era il posto giusto per noi. Non ce ne siamo mai pentiti. (…) Il merito è della bellezza che ci circonda: Pompei, Capri, ma anche i vicoli dei Quartieri Spagnoli”.
Mertens racconta poi due aneddoti.
“La migliore amica di mia moglie ha un’agenzia di viaggi: prima indirizzava i suoi clienti in Grecia, Spagna, Turchia. Adesso la principale opzione è sempre Napoli, dove anche io ricevo ogni volta che posso colleghi, amici e conoscenti.
All’inizio per i tifosi ero diventato Ciro Martinez: il nome che il gestore del bowling scriveva sul display per i punteggi, nel tentativo di non farmi riconoscere. Poi ovviamente mi hanno scoperto lo stesso. E ora sono Ciro Mertens”.
Mertens, figlio di un campione di ginnastica e e di una docente universitaria, confessa che in Belgio non era abituato a tanto calore da parte dei tifosi e gli piace soprattutto quando entra in una pizzeria e vede la sua foto.
Come è nato il Mertens calciatore senza idoli.
“Non vedevo le partite in televisione. Avevo due pali e una traversa montati in giardino, il passatempo delle
mie giornate. In Belgio piove spesso, ma nei miei ricordi di bambino ci sono soltanto delle artite interminabili, come se splendesse sempre il sole. Ho studiato per far contenta pure mia mamma: però l’allegria era quel pallone da spedire nella porta.
Sono nato centrocampista, poi ho fatto la punta esterna, a 30 anni ho iniziato a fare il centravanti dove sono cresciuto innanzitutto grazie alla continuità, che partendo spesso dalla panchina prima non avevo. Ma è grande
merito anche del calcio di Sarri, che sembra fatto su misura per me. Amo giocare con il pallone rasoterra e le triangolazione veloci: i punti forti e distintivi del Napoli. E poi mi trovo benissimo con Lorenzo Insigne,
con cui non devo più lottare per un posto. Parliamo lo stesso linguaggio tecnico e siamo migliorati insieme” .
Mertens poi fissa i suoi obiettivi stagionali.
“I mondialoi in Russia sono lontani. Prima ho tanti obiettivi da raggiungere con il Napoli, sogni da realizzare. La candidatura al Pallone d’Oro è stata inaspettata, anche se per quello che ho fatto nella scorsa stagione sento di meritarla.Ma è lo stesso una sensazione speciale essere tra i 30 giocatori migliori d’Europa.
Invece non è una sorpresa essere primi in classifica con il Napoli. Quest’anno siamo partiti per provare
a vincere lo scudetto, anchese le avversarie sono tante e soprattutto la Juventus resta sempre la favorita: per la
mentalità e la qualità del suo organico. Come mentalità ci siamo avvicinati, con il nostro gioco dobbiamo ora provare a limare la differenza complessiva di talento che c’è tra noi e i bianconeri”.
I sette giorni di fuoco contreo Roma, City e Inter.
“Saranno tre partite importanti, per il campionato e anche per la Champions: un altro obiettivo a cui teniamo molto. Ma in ogni gara ci sono tre punti in palio e gli scudetti si vincono pure battendo Verona e Benevento. Penso che dal primo scudetto del Napoli sono passati 30 anni e stiamo per fare cifra tonda. Maradona ha fatto la storia azzurra e imitarlo è il sogno di tutti noi: non solo il mio. Ci proveremo fino alla fine. Vincere qui sarebbe tutta un’altra cosa: Napoli è speciale”.
Fonte La Repubblica.