Leo Messi stecca alla prima partita del, 1-1 tra Argentina e Islanda. Per il numero 10 un errore decisivo dal dischetto ed una prestazione deludente.
Piazzi il pallone sul dischetto, punteggio in parità, tutti gli occhi su di te. Lo sai che sono su di te, lo sono stati fino a questo momento per quel 10 che porti sulle spalle, per l’immenso, straripante talento che hai che sta segnando una generazione. Lo saranno dopo, se segnerai perché questo gol vorrebbe dire vittoria e risposta al tuo grande rivale, che tanto per gradire ne ha fatti 3 all’esordio contro la Spagna. Lo saranno ancora di più dopo se questo rigore lo sbaglierai. Perché è così il calcio, bello e crudele e sparare sulla croce rossa è un passatempo troppo facile per passare di moda. E perché fino ad ora non è che tu abbia giocato proprio bene eh. Anzi. Diamoci una scossa, questa è l’occasione da non fallire. L’arbitro fischia. Rincorsa. Tiro.
Non si tratta di cercare il pelo nell’uovo. Sarebbe impossibile, oltre che ipocrita e giornalisticamente scorretto puntare il dito contro un giocatore che ha vinto 5 palloni d’oro, 9 campionati spagnoli e 4 Champions League giusto per citare i successi più eclatanti. Non sarà un rigore sbagliato a dare la cifra di quanto ha impattato Lionel Messi nella nostra epoca calcistica, ma per dovere di cronaca è, appunto, dovere segnalarlo: Leo Messi ha sbagliato il calcio di rigore che avrebbe, con ogni probabilità, dato la vittoria alla sua Argentina alla prima nel Mondiale di Russia 2018. E considerando il giocatore di cui stiamo parlando, uno dei due migliori della sua epoca, tra i migliori di sempre, l’errore che ha consegnato l’1-1 contro l’Islanda potrebbe sembrare un episodio isolato, ma non è così.
Quello neutralizzato da Halldorsson è il quarto rigore negli ultimi otto che Leo non riesce a convertire in gol, un errore che, fortuna per lui e per l’Argentina, è solo all’inizio della competizione ma che può rischiare di pesare. E non tanto sul risultato o sulla qualificazione (anche se il gruppo con Islanda, Nigeria e Croazia è uno dei più impegnativi del Mondiale) quanto sulla testa e sulle spalle di un giocatore che è sempre sembrato infallibile, spietato, implacabile con la maglia del Barcellona, quanto fragile e in difficoltà quando le cose cominciano a non girare con quella della sua Nazionale. Come dimenticare, ad esempio, il rigore fallito nella finale di Coppa America contro il Cile, che ha dato il successo proprio alla Roja? E non è poi tanto il rigore fallito in sé a suscitare la perplessità su Messi, quanto la prestazione prima e dopo l’errore dal dischetto. Una Pulga senza mordente, alla ricerca della giocata, alla ricerca dei compagni. Senza mai però dare quello spunto che tutti gli riconoscono, che tutti temono. Quegli uomini in maglia Islandese sembrano Iceberg contro cui il Titanic albiceleste si infrange costantemente.
Al triplice fischio, è pareggio. Messi ha sparato un paio di tiri che hanno fatto la barba al palo, ma dalla parte sbagliata. Due punizioni che non vedremo nei replay già da domani. E una marea di errori su passaggi, per uno come lui, semplici che hanno rischiato di far ripartire gli Islandesi. L’impressione è che quella maglia, quel numero, quella responsabilità di essere l’erede tecnico del più grande di sempre pesi troppo. Che tutto pesi incredibilmente troppo per un giocatore dalla grande, infinita, incomparabile tecnica, ma dal cuore fragile, che viene meno nei momenti decisivi. Oh, poi magari l’Argentina vince il Mondiale con Messi capocannoniere, perché è possibile e perché ricredersi, nel calcio e nella vita è tra le cose più belle che possa capitare. Leo ha tutta la competizione per far ricredere tutti. A cominciare da sé stesso.