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La vicenda Koulibaly deve far riflettere FIFA e UEFA

“Busso a denari” non è più una dialettica del tressette, ma un’abitudine consolidata nel calcio.

L’impegno di un calciatore non è un regalo fatto ai suoi tifosi o a un presidente, ma è il lavoro per il quale è profumatamente pagato. Invece appena un perfetto sconosciuto è valorizzato da un club che per lui ha rischiato dei soldi, inizia a tirare calci non a un pallone ma alla cassa della società. EVENTUALI ADEGUAMENTI ANCHE SE MERITATI MA NON PREVISTI DAI CONTRATTI LIBERAMENTE FIRMATI, VANNO CONCORDATI E NON PRETESI A “COLPI DI VALIGIE”.   

Quest’anno il Napoli è stato protagonista di una stagione esaltante, ma non ha vinto nulla. E’ bene ricordarlo sia ai calciatori sia ai loro agenti-manager. Invece sembrerebbe dimenticarlo Koulibaly (e il suo manager) che in un’intervista rilasciata al quotidiano francese “L’Equipe” avrebbe detto:Ho ancora tre anni di contratto ma ci sono offerte sul mio tavolo (…) Se a Napoli non succederà nulla comincerò a mettermi in contatto con altri club”. 

Innanzitutto bisogna capire se Koulibaly ha detto davvero queste cose. Nel caso non fosse veritiero quanto riportato da L’Equipe, KOULIBALY E IL SUO AGENTE-MANAGER SONO OBBLIGATI A SMENTIRE E A QUERELARE IL QUOTIDIANO FRANCESE PER UNA FORMA DI RISPETTO VERSO IL NAPOLI E I SUOI TIFOSI.

Viceversa a intervenire dovrebbero essere FIFA E UEFA per tutelare i club sottoposti a continue “pressioni” da chi nel calcio non va in campo e non ci mette un soldoSoprattutto FIFA E UEFA hanno il dovere di spiegare nel mondo del calcio qual è il valore dei contratti LIBERAMENTE firmati.

Due le alternative ipotizzabili: o si iniziano a punire i club e i calciatori che “scavalcano” la società proprietaria del cartellino del giocatore, oppure meglio abolire il concetto di cartellino e, di conseguenza, la compravendita tra i club e imporre a presidenti e calciatori di firmare solo accordi che vanno da una finestra di mercato all’altra.   

Nel primo caso si rafforzerebbero i valori morali del calcio togliendo potere ai cacciatori di dote. Nel secondo caso si da il colpo di grazia a un movimento che agevola troppo i più ricchi e quindi i più potenti, ma non i più bravi.

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