Dina Cavalli, napoletana, avvocato penalista, come nelle migliori tradizioni ha sposato la professione di famiglia. Una storia che incrocia il Napoli di Maradona: emozioni che ritornano anche oggi con gli azzurri primi in classifica.
Dina, cosa l’ha spinta a seguire le orme di suo padre?
“L’amore per mio padre e l’amore che lui nutriva per questo lavoro. Ne era entusiasta, questo mi ha fatto appassionare moltissimo. Un desiderio che nasce da bambina e che ho sempre coltivato: ho iniziato nello studio di famiglia anche se facevo pratica con Claudio Botti. È un lavoro assolutamente affascinante sotto tanti punti di vista. Uno studio continuo che porta all’approfondimento di moltissime tematiche: dall’ambiente, alla sicurezza sul lavoro, all’ecologia, all’edilizia e alla materia medica. Poi c’è tutto l’aspetto umano: si ha a che fare con le persone e con la loro posizione di difficoltà, siano essi imputati, persone offese, comunque un processo penale è sempre un momento di grande travaglio e la soddisfazione che poi si ha quando si riesce a dare un supporto e ottenere un risultato favorevole è veramente notevole. Quindi c’è un aspetto umano molto forte: credo nella funzione sociale dell’avvocato. Infatti, mi occupo anche di patrocinio a spese dello Stato, nel senso che mi capita di assistere le persone che non hanno le condizioni di reddito per potersi permettere un avvocato, perché ritengo che comunque si debba garantire a tutti una difesa adeguata”.
Una missione più che un lavoro…
“Sì, perché implica l’assunzione di grosse responsabilità: emotivamente, socialmente e professionalmente. Molto spesso, le persone si affidano a noi per una scelta precisa e quindi ovviamente si avverte il peso di portare avanti il nostro operato per le conseguenze che può avere.”
Parlavamo dei legami familiari: quella per il lavoro non è l’unica passione ereditata dal suo papà…
“Vero. Da lui deriva il mio legame con il mondo del calcio. In fondo ci sono molte assonanze tra processo e penale e la partita di calcio. Occorrono tattica, impegno, strategia, talento, per arrivare al risultato. Da ragazzina, comunque, andavo allo stadio con papà, vedevo le partite con lui e poi ricordo un episodio molto speciale. Mio padre era molto legato a Claudio Botti, che per lui era un figlio maggiore, che poi è l’avvocato col quale, come dicevo prima, ho fatto la pratica. Lui faceva parte del gruppo di professionisti che aveva ideato il “Te Diegum”, la tavola rotonda, che raccolse all’epoca, nel nome di Diego, molti intellettuali di Napoli, avvocati, professori universitari. Il tutto accadde dopo l’addio del campione argentino al Napoli. Fu un tributo al più grande calciatore di tutti i tempi, ma anche una condanna a chi voleva demonizzarlo. Mi resta il bellissimo ricordo della proiezione di un video dedicato a Maradona di circa 50 minuti, una cosa spettacolare svoltasi al Grenoble. Io sarò stata una ragazzina di 14 anni, ma è come se fosse ieri, tanto è vero che poi attraverso Claudio ho recuperato la pubblicazione del testo del “Te Diegum” che ho regalato a mio figlio che è un grande appassionato di calcio, per cui la passione si è ulteriormente tramandata. Oggi ogni tanto vado allo stadio con mio figlio e vedo le partite con lui”.
Veniamo al Napoli di oggi. Che ne pensa?
“Oggi la squadra azzurra è tornata a darci oltre alle emozioni anche tante soddisfazioni. Io mi auguro che adesso il Napoli primo in classifica, possa in qualche modo riportarci a quelli che erano i tempi di Maradona. Per me è stato un periodo bellissimo, anche per la città, si respirava aria di grande fermento. Ero una ragazzina, però ricordo che c’era proprio un atteggiamento propositivo. C’era un entusiasmo in generale, non soltanto nei confronti del calcio. A maggior ragione adesso che la nazionale argentina ha vinto il campionato del mondo e questa positività ha coinvolto in questi ultimi giorni anche Napoli. Quindi visto che veniamo da un periodo complicato, difficile, chi lo sa che questo primo posto in classifica non sia da sprone, da mordente per raggiungere dei risultati anche per la città in generale, perché Napoli sicuramente può fare tanto, potenzialmente potrebbe essere veramente la capitale della cultura, la capitale del turismo, non soltanto a livello italiano ma anche europeo. Quindi sarebbe giusto che ognuno di noi potesse dare un contributo perché questo si realizzi”.