Si addensano strane ombre sulla Juventus, mentre l’attenzione è tutta su quella che potrebbe diventare la trattativa dell’estate. Marotta ascoltato in procura come persona informata dei fatti, non indagato.
Un tragico evento, il suicidio di Raffaello Bucci, membro della tifoseria organizzata e consulente della Juventus per la sicurezza della biglietteria, ha scosso l’ambiente bianconero negli scorsi giorni. Un episodio che acquisisce un’importanza e un peso specifico straordinario perché arrivato in circostanze particolari: Bucci era stato ascoltato come persona informata dei fatti dei pm nell’ambito di un’operazione antimafia legata allo storico gruppo dei Drughi, il più importante presente nella curva dello Juventus Stadium.
Sull’inchiesta – ripresa da Il Fatto Quotidiano, Repubblica e La Gazzetta dello Sport – c’è il massimo riserbo della Procura, guidata da Armando Spataro. Nelle carte di quest’inchiesta sono presenti anche i nomi di Fabio Germani, capo dei Drughi attualmente in carcere secondo quanto riportato da Repubblica, e dell’Amministratore Delegato della Juventus, Beppe Marotta. Quest’ultimo non è indagato, tantomeno lo era Bucci.
L’inchiesta punta a far luce sui rapporti tra tifoseria juventina e criminalità organizzata, con possibili infiltrazioni nella società. La ‘ndrangheta sarebbe riuscita a conquistare un posto nella curva sud dello Juventus Stadium, garantendosi una parte consistente nel business del bagarinaggio e contatti con i manager bianconeri “in cambio della calma”.
L’inchiesta – Il gip Stefano Vitelli, sostiene Il Fatto Quotidiano, parla di “preoccupante scenario che vede alti esponenti di un’importantissima società calcistica a livello nazionale ed internazionale consentire di fatto un bagarinaggio abituale e diffuso come forma di compromesso con alcuni esponenti del tifo ultras”. Questi legami, definiti “pericolosi e inquietanti”, sono emersi nell’ambito di un’inchiesta sulla presenza della ‘ndrangheta in Piemonte.
Tra gli indagati, i nomi più interessanti sono quelli di Rocco e Saverio Dominello, appartenenti alla cosca di ‘ndrangheta Pesce-Bellocco e arrestati con l’accusa di associazione mafiosa. I Dominello, padre e figlio, sono riusciti ad allacciare contatti prima con Elio Germani – capo dei Drughi, chiamato a testimoniare ma irreperibile da una settimana – e poi con la società. In primis, secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano, nella figura di Stefano Merulla, responsabile del “ticket office” della Juventus e in quella di Alessandro D’Angelo, security manager della società bianconera, entrambi ascoltati nell’ambito di questa inchiesta ma non indagati.
D’Angelo, secondo quanto riportato da Repubblica, risulta essere l’anello di congiunzione tra i Drughi e la società bianconera. Ad ogni modo, non c’è al momento prova che il dirigente Juve potesse conoscere i legami con la malavita dei propri contatti. “Dominello e Germani – scrive il Gip – sono ben inseriti nei meccanismi della società e ottengono plurimi biglietti da rivendere a prezzo maggiorato”. Talvolta il meccanismo ha delle falle, dovute a delle esagerazioni. Come racconta Repubblica, un “cliente” svizzero ha espresso delle lamentele per un biglietto pagato con un prezzo aumentato di 500 euro circa.
Merulla sa che quel pacchetto era stato opzionato da D’Angelo e chiede chiarimenti a Germani, raccontando che la società avesse iniziato ad avere sospetti sulla provenienza del “socio”. D’Angelo ad ogni modo trova la maniera per continuare a rifornire il clan, sostiene Repubblica: “Li mettiamo sotto un codice diverso – dice a Dominello – devi solo dirmi chi va a ritirarli”.
Secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano, il gip Stefano Vitelli lo dipinge “quasi in un rapporto servente” con Rocco Dominello. Si preoccupa di rifornirlo di biglietti: “Trova un espediente per aggirare i divieti ufficiali a beneficio diretto di Dominello Rocco”, scrive il gip, secondo cui D’Angelo “si lasciava scappare chiaramente come il bagarinaggio ufficioso tollerato da alcuni dirigenti della società venisse permesso in cambio della tranquillità tra tifosi e società”.
Soltanto un anno fa, dopo l’arresto di Andrea Puntorno, capo dei Bravi Ragazzi, narco-trafficante e organizzatore di un grosso giro di biglietti e abbonamenti, il security manager affermava: “Non c’è il rischio che persone appartenenti ad aree criminali come Puntorno possano rivolgersi a Juventus per esercitare pressioni finalizzate a ottenere titoli d’accesso”, come evidenzato da Il Fatto Quotidiano.
La posizione della società – Come riportato da Repubblica, nei giorni scorsi sono stati sentiti dalla Procura anche Merulla e D’Angelo, entrambi non iscritti nel registro degli indagati: “A loro gli inquirenti hanno chiesto di chiarire come fosse possibile che i gruppi del tifo organizzato riuscissero a rivendere i biglietti a prezzi maggiorati. I dirigenti hanno spiegato di non poter controllare dopo che i biglietti sono stati venduti. L’anno scorso, quando già la Mobile e i magistrati indagavano sui rapporti tra ultras e ‘ndrangheta, D’Angelo, da tempo vicino al presidente della Juve Andrea Agnelli (il padre del primo è stato per quarant’anni autista personale di Umberto Agnelli, padre del secondo), aveva negato qualsiasi possibilità di bagarinaggio.”
I Dominello e le dichiarazioni di Marotta – Dopo essersi assicurati di avere una forte influenza nella curva sud, acquisita dopo un ingresso tra i vari gruppi ultras facilitato dal loro status criminale, i Dominello passano al livello successivo. Prima, dei biglietti per una partita recapitati da Marotta ai Dominello via Germani – cui l’ad della Juventus aveva chiesto “massima riservatezza” -, poi un incontro diretto con lo stesso Marotta il 15 febbraio 2014 nel bar Dezzutto a Torino, sostiene Il Fatto Quotidiano.
Il proposito di questo appuntamento è “proporre” alla società di tesserare il figlio 17enne di tale Umberto Bellocco, poi non tesserato dalla società bianconera nonostante alcune telefonate, intercettate, avessero dato certezze in quel senso al padre del giovane calciatore. Marotta, ascoltato dai pm Abbatecola e Toso lo scorso primo luglio in quanto persona informata dei fatti, non indagato, ha dichiarato come riporta Repubblica: “Non so cosa sia il clan Pesce-Bellocco. Mi hanno chiesto di fare un provino a un giovane e l’ho segnalato ai miei dipendenti, non sapevo che Rocco Dominello fosse della ‘ndrangheta e non ho mai avuto pressioni”.
Diciotto gli arresti effettuati dalla squadra mobile di Torino, con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso e di aver voluto infiltrare nella curva dello Stadium i picciotti delle ‘ndrine per inserirsi nel business del bagarinaggio. Marotta chiede inoltre delucidazioni ai pm, essendosi la Juventus costituita parte lesa: “Ancora non so perché mi avete convocato e vorrei capirlo per spiegare tutto”.
All’ascolto delle intercettazioni riguardo l’incontro con Fabio Germani e Rocco Dominello, ad oggi entrambi in carcere, per organizzare un provino al figlio di Umberto Bellocco del clan di Rosarno, Marotta risponde: “Ci sarà stata questa richiesta, ma io ho 40 dipendenti non mi occupo di provini e può darsi alla fine lo abbiamo fatto. Però posso dire che non l’abbiamo preso”. Come sostenuto da Repubblica, ci sono state domande anche su delle foto in posa con Germani, a cui Marotta ha risposto respingendo ogni accusa e sminuendo la portata del fatto.
Sarebbe un’impresa non da poco approfondire tutti i legami potenzialmente sospetti presenti tra alcuni rami della società e la curva della Juventus, in cui per stessa ammissione di molti tra i protagonisti intercettati, l’unica cosa che conta davvero per gran parte dei gruppi organizzati è il business che regola gerarchie, priorità nel merchandising e gestione dei biglietti per le partite in casa e trasferta. È di certo clamoroso che un dirigente del calibro di Marotta abbia avuto un incontro con un criminale della portata di Dominello. Una serie di eventi non trascurabili, che però sta facendo fatica ad emergere agli occhi dell’opinione pubblica, all’ombra dell’ipotetico affare Higuaín.
È possibile ricordare la bufera in cui si trovò il calcio Napoli quando nel 2011 fu resa nota la presenza del figlio di un boss camorristico a bordo campo durante Napoli-Parma 2-3, giocata nel 2010. Addirittura si arrivò ad analizzare flussi di scommesse nella zona nord di Napoli per accertarsi che non ci fossero i presupposti affinché si trattasse di un caso di calcioscommesse.
Ad ogni modo, seppur schiacciata da voci di mercato di cui incuriosisce la tempistica, la vicenda che coinvolge parte della tifoseria juventina, parte della società e la ‘ndrangheta avrà sicuramente lo spazio che merita sui media nazionali, con ogni probabilità già da lunedì, quando ci saranno le prime udienze del tribunale del Riesame. Non ci sono ragionevoli motivi per pensare che possa non essere così, dati i precedenti analoghi e addirittura meno compromettenti che causarono una bufera mediatica intorno alla Ssc Napoli. Non si vive di solo Higuain.
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