A La Stampa ha parlato l’amministratore delegato di Exor (la holding che controlla la Juventus) John Elkann.
Elkann ha parlato della Juventus come di «una passione della nostra famiglia, cosi come lo è per le milioni di famiglie bianconere, in Italia e nel mondo».
Gli Agnelli sono proprietari, «ma siamo prima di tutto dei tifosi. Ci sono squadre di calcio che sono legate ad un’azienda, ne sono storicamente l’emanazione, come è stata il Psv Eindhoven con la società olandese Philips. La Juventus no. Non è mai stata l’emanazione di una società come la Fiat. È sempre stata la squadra di una famiglia, non di un’azienda».
Secondo Elkann la Juventus ha sempre innovato, e continua a farlo ancora oggi: «Siamo diventati la prima società italiana con uno stadio di proprietà. Non solo un’operazione sportiva: è un contributo per valorizzare un’intera zona di Torino, un fatto di cui siamo moto orgogliosi. Come lo siamo delle molte iniziative di responsabilità sociale che abbiamo sviluppato localmente e che da quest’anno proporremo alle scuole, per formare i più giovani sui temi della socialità, della diversità e dell’inclusione, che sono parte integrante del ruolo della Juve in campo e fuori dal campo».
A proposito di critiche e invidie, Elkann risponde così: «C’è chi pensa che la Juventus sia il problema. Al contrario, la Juventus è parte della soluzione. La Juve è stata storicamente l’ossatura del calcio italiano, ne è parte integrante. Ha dato la struttura alle nazionali che hanno vinto i titoli mondiali. E sul piano economico con le operazioni di mercato ha speso mezzo miliardo di euro negli ultimi anni per acquistare giocatori in Italia, contribuendo in modo significativo a sostenere i bilanci delle squadre di Serie A e serie minori. Siamo sempre stati una forza positiva per il calcio italiano e vogliamo continuare ad esserlo, rimanendo aperti al dialogo e alla collaborazione con le istituzioni».
Invitabile un passaggio sulle ultime vicende giudiziarie: «Noi siamo convinti di aver agito in totale correttezza. Dunque ci siamo difesi e continueremo a far valere le nostre ragioni, senza arroganza, ma nel totale rispetto delle istituzioni. Ma la lettera di cui parla in realtà andava oltre: conteneva anche un’analisi spassionata sull’evoluzione internazionale del calcio, soprattutto nel contesto europeo»