Gli occhi celati dietro un paio di vistosi occhiali non nascondono la felicità provata.
Ci riferiamo di Jay, piccolo tifoso del Celtic Glasgow, che gioisce a bordo campo tra le braccia del papà, per la vittoria del campionato della propria squadra del cuore.
Un addetto alla sicurezza gli si avvicina, gli dona una medaglia. Jay esulta, alza il braccio al cielo in segno di vittoria.
Ma ad un certo punto il suo volto espressivo placa le esternazioni di felicità per sostituirle con quelle di stupore. Jay consulta con lo sguardo il papà più volte, in cerca di conferme. Il tenero bambino non si sbaglia, Samaras, attaccante greco del Celtic, si dirige proprio verso di lui.
Un breve tentennamento e via. Via dalle braccia di papà, direzione apoteosi.
Samaras lo tiene stretto a se e lo porta a passeggio per il terreno di gioco consegnandogli tra le mani il pass che gli apre le porte del protagonismo puro.
Il tutto in uno scenario incantevole, neanche l’ombra di una transenna, un cancello, una barriera, una privazione. Lo stadio è solo ed unicamente sommerso da un’atmosfera magica chiamata cultura.
Si tratta di quelle scene che ti stringono il cuore e ti danno la conferma la vita sarebbe una cosa meravigliosa se solo la si vivesse nel rispetto di cose ed esseri umani.
Il Celtic Glasgow ha vinto un altro scudetto dando lezioni di calcio. Questa volta, però, a dare lezione di vita sono stati un suo tesserato, Samaras, e soprattutto Jay, un dolcissimo bambino down.
Colui il quale per la propria condizione di diversità è stato definito nel corso della storia dapprima emarginato, poi handicappato, disabile ed infine diversamente abile, oggi possiamo definirlo una straordinaria risorsa. Già, forse è proprio questa l’espressione giusta. Grazie a Jay abbiamo rinfrescato la nostra arrugginita memoria. Il calcio è anche questo.
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