Questa è la storia di Zlatan Ibrahimovic, uno dei più grandi giocatori della sua generazione. Seconda parte, la conquista della Serie A ed il Barcellona.
QUI potrete trovare la prima parte: “le origini del mito”.
“Che ne è stato dei bravi ragazzi del Malmo? Scrivono libri su di loro?”
Ibrahimovic alla Juventus non è più il giovane talento problematico. E’ un uomo che ha superato difficoltà e pregiudizi, che ha abbattuto l’isolamento con una voglia matta ed una fame incessante di affermarsi e di far vedere a tutti di cosa è capace. E se ne accorge l’Italia quando nell’estate del 2004 Zlatan segna con un tacco volante mandando la palla nel sette, oltre la testa di Vieri ed eliminando, di fatto, la Nazionale azzurra dagli Europei. Esulta Zlatan, come non gli vedremo fare più. Il colpo di genio di un genio assoluto, capace di vedere le cose prima degli altri e di coordinare il proprio corpo con perfezione di ginnasta, di ballerino. Ed ora è in bianconero, criticato ancor prima di scendere in campo perché “bravo, sì, ma segna poco”.
26 gol in due stagioni, due scudetti vinti e la nascita di un mito. Ibra mette a sedere in panchina Alex Del Piero diventando fondamentale nello scacchiere di Capello che crede in lui e ne disciplina alcuni aspetti. Perché alla fine è di questo che hanno bisogno tutti, qualcuno che non solo creda in te ma che riconosca pubblicamente e privatamente il tuo talento. Ibrahimovic è una spietata e devastante macchina da gol e giocate spettacolari. E lascerà la Juventus dopo lo scandalo Calciopoli e la retrocessione dei bianconeri in Serie B.
“Ibracadabra”
Nell’agosto del 2006 passa all’Inter per quasi 25 milioni. Sono gli anni della sua definitiva esplosione. Zlatan Ibrahimovic diventa Ibracadabra. La Serie A ha imparato a conoscere il suo strapotere fisico con cui difende il pallone e parte in progressione, ma soprattutto la sua classe sopraffina che lo rende un giocatore davvero unico nel suo genere. In maglia nerazzurra gioca tre stagioni, vincendo tre scudetti (più i due alla Juventus fanno cinque scudetti consecutivi in cinque anni di Serie A) e due supercoppe. Punta principe dell’attacco di Mancini prima e di Mourinho poi, segna un totale di 66 gol in 117 partite. Le tensioni però nell’ultimo anno con la tifoseria interista lo porteranno a lasciare la squadra per tentare di conquistare l’unico trofeo che gli manca: la Champions League.
“Hai comprato una Ferrari, ma la guidi come una Fiat”
Arriva al Barcellona per la stagione 2009/10. E’ quel Barcellona, quello di Guardiola, Messi, Xavi, Iniesta ed Henry. “La squadra più forte della storia”, come dirà in un’intervista al Guardian. Eppure lì si rompe qualcosa nella magia di Ibrahimovic. Doveva essere la sua consacrazione definitiva, invece si trova come un pesce fuor d’acqua, in una squadra di cloni, con un allenatore che gli chiede di essere come Messi. Lui, un immigrato di seconda generazione, cresciuto con una sorella con problemi di droga, una madre arrestata per furto ed un padre alcolista ossessionato dalla guerra nei Balcani. Lui, con un fratello pugile morto in un fiume e cresciuto guardando un pugile ribelle urlare “I am the greatest”. No. Lui e Messi non hanno assolutamente nulla da spartire. E così Ibra con il Barcellona. Quella squadra lo snatura, li vede come tanti boy scout obbedienti, con un allenatore che ha timore e soggezione di lui, quel Guardiola che “quando ci siamo affrontati, si nascondeva da me” e che non lo guarda mai negli occhi. Messi durante una partita per lo svedese particolarmente difficile, dopo aver segnato e risegnato si guadagna un rigore e lo cede, cavallerescamente, ad Ibra. E’ una delusione, un affronto, un’umiliazione per lui. Lui da piccolo rubava biciclette per andare agli allenamenti, ora gli chiedono di stare con i piedi per terra. Non è casa sua. Lascerà il Barcellona dopo una sola stagione, avendo vinto tutto tranne la Champions, ma senza essere stato Zlatan.
La prossima squadra è il Milan, di nuovo la Serie A. I rossoneri lo mettono al centro del progetto e lui risponde nel solo modo che conosce: dominando tutto e tutti. Gol, assist, titoli e riconoscimenti, Zlatan è tornato. Quelli in rossonero sono anni felici, Ibra ha ritrovato serenità dopo gli anni in blaugrana che ne avevano minato la fiducia in sé stesso. Ibracadabra torna ad illuminare i campi italiani e lui aggiungerà alla sua bacheca un altro scudetto (2010/11), un titolo di capocannoniere del campionato (2011/12) ed una Supercoppa Italiana (2011) prima di salutare nuovamente Milano.
Qui finisce la seconda parte di “Io sono Zlatan”.
La terza ed ultima parte sarà pubblicata questa sera, ore 20.30 qui, su 100×100 Napoli.