Nell’edizione odierna de ‘Il Corriere dello Sport’ ha parlato il prefetto Francesco Tagliente.
Questo il panorama con cui ci dovrà sempre di più confrontare. A lei, prefetto Tagliente, chiediamo una valutazione dei fatti di Napoli. Cercando di trovare falle, interrogativi chiave. E magari risposte. Ce ne sono? «Direi che bisogna partire da un aspetto, ovvero il corto circuito, intanto giuridico, tra autorità di pubblica sicurezza, meglio, il Prefetto in questo caso, e l’autorità amministrativa che sostanzialmente ha smentito, sospendendola, la determinazione del divieto di trasferta. Alla luce dei fatti quel Tar riemetterebbe la stessa sospensiva? Quel corto circuito, poi, si è diffuso lungo tutti gli anelli del sistema. Ma un altro aspetto mi preme mettere a fuoco».
Quale?
«L’impatto avuto dalla comunicazione critica pubblica dal presidente dell’Uefa Ceferin, dalla ministra degli Interni tedesca e per inevitabile conseguenza dalla società dell’Eintracht. Definire intollerabile il divieto di trasferta attraverso gli organi di informazione è stato davvero incauto, direi, innescando un clima discutibile anche per quel rispetto dei ruoli che a livello istituzionale è doveroso. Ceferin si è eretto in qualche modo ad esperto di ordine pubblico e le sue parole possono mettere a rischio il sistema anche per le partite a venire, ingenerando in modo certamente involontario una pericolosa compattezza tra certe frange violente del tifo a livello internazionale».
Con la sua esperienza, pur sempre da uomo di Stato, non si sottrarrà ad una lettura sugli aspetti più squisitamente di polizia dei fatti di Napoli. È filato davvero tutto liscio? «Le dico, senza voler sminuire minimamente le immagini e l’accaduto, che stiliamo un bilancio fortunatamente non da tragedia. E, inutile negarselo, il rischio c’era. Ci sono purtroppo feriti tra le forze dell’ordine, ci sono danni agli esercenti e devastazioni di mezzi: sappiano che certe situazioni possono degenerare con situazioni e numeri molto
peggiori. Non è successo».
Dal punto di vista operativo, secondo lei, è andato tutto bene? «Secondo le mie modalità, servirà un debriefing per valutare tutti gli aspetti della gestione della sicurezza e solo dopo stilare un bilancio che metta in fila responsabilità, cosa ha funzionato e cosa potrebbe non aver funzionato : ma non si potrà fare a caldo. Dal punto di vista della prevenzione il fatto che le due tifoserie non siano entrate in contatto è un risultato, come sono risultati, dal punto di vista dell’attività di contrasto, gli arresti e le identificazioni attivate oltre che a Napoli, dalle questure di Frosinone e Salerno, la gran mole di materiale investigativo raccolto. Anche Roma ha lavorato bene per evitare che a Fiumicino, dove i tedeschi sono stati ricondotti, ci fossero contatti con la tifoserie romanista e laziale».
Torniamo al corto circuito diffuso. Cosa non doveva succedere?
«Se tutte le componenti dialogano e interagiscono il risultato arriva. Stavolta la sinergia è venuta meno, per gli aspetti valutati prima. Abbiamo lavorato molto per istituire l’Osservatorio sulle manifestazioni sportive sede di concertazione delle decisioni: se manca la coesione tra mondo del calcio e delle istituzioni, i teppisti ne approfittano e qualsiasi piano di sicurezza viene messo a dura prova. Dobbiamo fare molta attenzione a non riportare indietro di un paio di decenni le lancette dell’orologio. Solo il gioco di squadra vince».