“Il portiere di notte” è una “poesia” di Enrico Ruggeri, una sequenza appassionante e coinvolgente di musica e parole sullo scottante tema della prostituzione.
Una storia di dolore, ma anche di amore e speranza.
Ma è anche un ruolo, quello rivestito ieri sera allo stadio San Paolo da Rafael Cabral portiere del Napoli, la cui storia personale e professionale sembra puncicare le stesse corde emotive.
Dolore, per un passato personale toccante.
Amore, per una maglia desiderata e voluta da subito.
Speranza, quella di superare presto un momento duro, di inspiegabile involuzione mentale e fisica.
Sei gare di campionato sette gol subiti. Una sola gara trascorsa senza subire gol, quella vittoriosa di Sassuolo, ed una sensazione trasmessa di costante insicurezza.
Il dato è allarmante: Il Napoli subisce gol ad ogni tiro degli avversari scagliato nello specchio della porta. Si fa fatica a ricordare un intervento decisivo del portiere brasiliano, forse addirittura si fatica a ricordare un intervento. Una sensazione di costante pericolosità e latente rischio accompagna ogni palla vagante negli ultimi sedici metri avversari.
Questo Rafael sembra la controfigura del portiere esplosivo, determinato, reattivo, che scalpitava la scorsa stagione alle spalle di un redditizio Pepe Reina. Perchè? Il grave infortunio subìto la scorsa stagione potrebbe essere nido di giacenza della spiegazione.
“Il portiere di notte” è un inno al cambiamento, alla speranza, al raggiungimento di un obiettivo comune. Fallo tuo, Rafael, affinchè tu ed il tuo Napoli possiate esclamare: “E quando insieme prenderemo il largo, non sarò più portiere in questo albergo…”