IL NAPOLI E LA RETE DEI DIRITTI D’IMMAGINE
La stagione sportiva 2013/2014 rappresenterà una svolta epocale per la SSC Napoli SpA, non solo per il cambio della guida tecnica e del modulo adottato, ma anche e soprattutto, per la decisione, ormai palese, di abbandonare, ameno in parte, la filosofia di gestione totale ed esclusiva dei diritti di immagine dei suoi tesserati. Quella che è stata da sempre la strategia dalla squadra di Aurelio De Laurentiis, l’acquisto in blocco dei diritti d’immagine dei calciatori, finora ha reso ben poco al club. Analizzando i bilanci della società e quelli del Gruppo Filmauro, quasi non se ne trova traccia, se non per un paio di milioni di euro, raccolti tra varie voci di entrata. Nulla che possa spostare gli equilibri dei conti, insomma. E che renderebbe ingiustificato l’adozione di questo modello operativo, il quale, non ha mai semplificato le trattative di mercato.
In estate, del resto, sul fronte dei diritti d’immagine, rispetto all’intransigenza del passato, qualche deroga è stata fatta, per la nuova colonia spagnola. In molti casi (Higuain, Reina, Benitez) si è optato per soluzioni di compromesso.
Il Napoli, prova a fare cassa con i diritti di immagine dei calciatori, generando, però, un caso, che ha prodotto le irritazioni di due controparti, la Vodafone e la Telecom. Ma, andiamo con ordine e spieghiamo i contorni di questa complessa vicenda economico-giuridica. Per far aumentare i ricavi, il Napoli ha deciso di cedere i diritti di immagine, di sua proprietà, relativi ad alcuni tesserati (Hamsik, Higuain e Benitez) ala multinazionale delle telecomunicazioni Vodafone. L’ affare, ha generato le ire della Telecom, società che da parecchie stagioni, con il marchio Tim, è uno degli sponsor istituzionali del Napoli. Negli uffici marketing della Telecom, non hanno gradito che il volto dei principali calciatori del Napoli, compaia nelle campagne pubblicitarie del proprio concorrente. In effetti, i diritti di immagine degli atleti, non rientrano nel contratto di sponsorizzazione Telecom-Napoli. Né, a Telecom, sarebbe stata offerta la facoltà di utilizzare i tesserati azzurri nelle sue campagne pubblicitarie.
Altri club, come il Milan, inseriscono, nei vari pacchetti di servizi offerti agli sponsor questa chance. Naturalmente, i pacchetti che prevedono la possibilità di schierare come testimonial i campioni della squadra sono più costosi e garantiscono alla società maggiori entrate.
Di fronte alle “rimostranze” di Telecom, il Napoli, con un comunicato, ha spiegato che “Telecom Italia è l’unico sponsor della Società sportiva calcio Napoli nel settore dei prodotti e servizi di telefonia mobile e fissa e di connessione internet. Una partnership di lunghissima durata e di reciproca soddisfazione, che vede Telecom Italia al fianco della SSC Napoli sin dalla prima stagione di serie A Tim e che in questo lungo percorso insieme ha visto Ssc Napoli e Telecom Italia, collaborare in tantissime iniziative di successo”. Ed aggiungendo che “la campagna mediatica di Vodafone è incentrata sull’utilizzo dell’immagine dei singoli giocatori, a titolo personale ed individuale, e non in qualità di tesserati della Ssc Napoli, fermo restando che nessuna partnership, esclusiva o meno, è stata istituita tra Vodafone e la Ssc Napoli e/o le proprie squadre”.
Dal comunicato, sembrerebbe che Vodafone abbia siglato accordi personali con i tesserati del Napoli, senza il coinvolgimento del club, anzi, all’insaputa del club stesso. Mentre, di fatto, si è trattato di accordi tra Vodafone, il Napoli ed i suoi tesserati, attraverso i quali, questi ultimi (quindi sia la società che i diretti interessati), hanno venduto alla compagnia telefonica i diritti d’immagine (o la quota) di propria pertinenza. Da qui lo scoppio del caso, che potrebbe avere serie conseguenze sul rinnovo della partnership con Telecom.
In definitiva, la gestione dei diritti d’immagine e dei “brand” degli atleti è sempre più centrale nell’industria sportiva e non c’è una sola ricetta vincente. La politica di De Laurentiis non può essere considerata sbagliata, anzi. Ed anche il fatto che possa tener lontani i top player, è in gran parte un luogo comune. Tutto dipende, infatti, dai soldi che la società è disposta a mettere sul piatto in cambio dei diritti d’immagine ed, in definitiva, dalle politiche commerciali che ritiene di poter realizzare per farli fruttare. Certo, una politica più limpida, non avrebbe generato una simile situazione, ma, è un primo passo per un’ulteriore crescita ed, un aumento dei ricavi e delle sponsorizzazioni non può che ridurre quel divario che è ancora troppo evidente con le principali squadre europee, con le quali dobbiamo e dovremmo fronteggiarci nei prossimi anni.