IL CALCIO, LO SPORT E LA VERA CAPACITA’ DI FARE IMPRESA
Sergey Galitsky, è il proprietario del FC Krasnodar squadra della Russian Premier League, l’equivalente della nostra serie A, è un “Magnate“, ma molto lontano dal prototipo ormai ben conosciuto in ambito calcistico e, diverso, da quelli che siamo soliti immaginare in Russia. Dal 2008 ad oggi, per rendere competitiva la sua squadra, ha investito circa 200 milioni di Euro riuscendo a renderla effettivamente competitiva ad un livello tale, da poter competere con le principali squadre Russe, come lo Spartak Mosca e lo Zenit S. Pietroburgo. Ma, la sua strategia, è totalmente differente e potrebbe, senz’altro, rappresentare un modello per tanti altri presidenti.
Piuttosto che spendere milioni per comprare giocatori affermati, Galitsky ha iniziato investendo circa 60 milioni di Euro in una scuola calcio che insiste su di un bacino di utenza regionale: si tratta di un complesso di formazione moderno per bambini da 6 a 12 anni, selezionati tra più di 20 scuole della regione di Krasnodar. La scuola è dotata di 20 campi di calcio, sale di lettura, una piscina e una sala scacchi, in modo che i bambini possano avere una formazione non solo sportiva. L’obiettivo a medio termine è che la squadra del FC Krasnodar possa essere formata nella sua quasi totalità da giovani talenti provenienti dalla scuola calcio, cosa che potrà iniziare ad accadere a partire dal 2018. Non tutti i progetti, però, sono a lungo termine: Galitsky sta spendendo 250 milioni di dollari per costruire il suo nuovo stadio da 34 mila spettatori, che sarà pronto entro il 2015 e, nell’attesa di poter sfruttare appieno dei benefici derivanti dalla Scuola Calcio, ha comunque effettuato degli investimenti su calciatori stranieri, dai costi contenuti e di buone prospettive.
Naturalmente si potrà obiettare che, nel nostro calcio, una cosa così non sarebbe possibile, sia per la difficoltà reale di poter contare su impianti propri e leggi chiare, sia perché, la cultura sportiva dei principali club italiani, mal si sposerebbe con il dover attendere per vincere. Ma qui entra di prepotenza il concetto di impresa, di saper essere realmente dei manager competitivi, che rispettino le leggi (fair play finanziario) e che sappiano cogliere le reali opportunità che il mondo dello sport può portare. C’è necessità di persone preparate, che sappiano districarsi tra calcio giocato, numeri, finanza, economia, che abbiano una cultura manageriale più ampia, con prospettive di lunga durata. Lo sport in genere, ed il calcio in particolare, analizzando alcuni recenti episodi di finanza sportiva, ripropongono la problematica dell’equilibrio economico e finanziario di chi deve gestire le società professioniste. Distinguiamo però chi gode dei benefici derivanti dai diritti tv (serieA), da chi deve far leva solo sui diritti di marketing o sul patrimonio della proprietà, nella maggioranza dei restanti casi.
Nella Serie A di calcio, molti presidenti, grazie al flusso copioso di denaro derivante dalla vendita dei diritti tv, possono lucrare utili, mentre la crescita dell’indebitamento, se posto come male necessario per dover confrontarsi nelle competizioni europee, è solo una scusante delle proprie incapacità gestionali, basti vedere il volume dei milioni spesi in stipendi (non certo in impianti), per giocatori dalla dubbia utilità, o sarebbe sufficiente confrontare le voci dei ricavi dei bilanci delle principali squadre italiane, con chi riesce ad arrivare in finale di Champions, come il Borussia Dortmund.
Nei restanti casi – quindi tutto il mondo dello sport, dal volley al basket, più una parte del calcio, dalla serie A alla lega di serie B, fino a tutti i club della Lega Pro – la richiesta che viene rivolta dai presidenti alle aziende e agli imprenditori (amici o del territorio) per un sostegno alle spese, attraverso la leva delle sponsorizzazioni, il più delle volte, è vissuta, da questi ultimi, come una richiesta di donazione, se non proprio del versamento di oboli.
Insomma, spesso, la vera giustificazione che spinge a chiedere di investire in sponsorizzazioni, è data dalla necessità di coprire il budget delle uscite annuali in stipendi ed in spese di gestione, senza minimamente pensare che, forse, gli imprenditori e le aziende preferirebbero partecipare a progetti d’investimento sul brand, sugli impianti, sulle attività di valorizzazione del rapporto di fidelity dell’utente finale e, perché no, sulla governance stessa del club. Allora, probabilmente, sarebbe meglio vedere una squadra di tutti talenti, nati dalla scuola calcio della propria città o del proprio territorio, a costo anche di aspettare anni, ma con la consapevolezza che, dietro alla lunga attesa, c’è un vero progetto, con una seria cultura professionale ed una sana cultura sportiva, proprio come il FC KRASNODAR.