Striscioni offensivi, ululati razzisti, cori di discriminazione territoriale. Agguati di tifosi ai pullman delle squadre, aggressioni ai calciatori. Lancio di bombe carta e atti vandalici all’interno di uno stadio. E’ davvero questo il futuro che si desidera per il calcio italiano?
Sono passati 358 giorni dall’agguato mortale avvenuto a Roma prima della finale della Coppa Italia. Ma sembra che la morte di un ragazzo andato allo stadio per vedere una partita di calcio, non abbia insegnato nulla, né alle istituzioni né ad alcuni media, che pur di non affrontare il problema provano a spostare l’attenzione su altro. Tentativi miseramente falliti, come in occasione delle tendenziose domande velate da facile ironia rivolte ieri sera al DS sampdoriano che ha smontato qualsiasi accenno polemico sottolineando la correttezza e la simpatia dei tifosi napoletani. Durante il derby di Torino, si stava per consumare un’altra tragedia per fortuna solo sfiorata. Oggi tutti chiedono provvedimenti esemplari. Però nessuno specifica quali. Nessuno ha il coraggio di fare autocritica e denunciare che, quando sono colpiti determinati club, si trova ogni escamotage per attenuare la punizione. Il caso della curva della Roma, prima squalificata totalmente poi solo in parte, è il classico esempio. Di certo le decisioni prese finora, vanno nel senso opposto di chi vuole rendere più civile l’ambiente all’interno di uno stadio. Ne sa qualcosa il presidente della FIGC Tavecchio, quando lo scorso mese di agosto decise di cancellare dal Codice di Giustizia Sportiva l’offesa di discriminazione territoriale, trasformandola in semplice “espressione oltraggiosa”. Quindi si è passati dalla possibilità di penalizzare anche in classifica una squadra, alla semplice multa utile solo a rifocillare le casse della FIGC. Ma la pressione dei “soliti” club era troppo forte per non adottare questo provvedimento, perché proprio i loro tifosi sono stati (e sono) quelli che cantano offese discriminatorie.
De Laurentiis in un’intervista rilasciata ieri a radio Kiss Kiss, ha denunciato ancora una volta l’immobilismo del Ministro degli Interni Alfano, sottolineando come in Inghilterra il Primo Ministro sia intervenuto di persona per debellare il fenomeno degli hooligans. In Gran Bretagna la battaglia è stata vinta. In Italia ancora no. Fa riflettere quanto riportato dal Viminale sugli ultimi episodi di violenza negli stadi: “Lo diciamo da tempo prima o poi ci scappa il morto”. Ma il 3 maggio del 2014 il morto non ci è scappato già? Quindi difficile capire che tipo di morte diversa da quella di Ciro Esposito bisogna ancora aspettare. In Italia Stato e mondo del calcio continuano a passarsi la palla delle responsabilità. Il fenomeno della violenza negli stadi, non può essere più combattuto con le inutili frasi di circostanza, del tipo: “La mamma degli imbecilli è sempre incinta”.
Chi ama il calcio sente la necessità che vengano presi provvedimenti seri, efficaci per tenere i violenti lontani dagli stadi.
A nulla è servito affidare agli steward pagati dalle società il controllo della sicurezza negli impianti sportivi. De Laurentiis sulla figura dello steward ha detto: “Non serve a niente, è sottopagato e noi non possiamo pagarli di più. Io spendo un milione e mezzo l’anno per gli steward ma se arriva uno e gli dice levati quello mica si fa spaccare la testa”. Ma quella sugli steward è un’altra storia che vi racconteremo.