Il presidente della Salernitana, Danilo Iervolino, ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni de Il Mattino.
Presidente Iervolino, lei è l’unico volto nuovo italiano di una serie A invasa da proprietà straniere. Si sente una specie di extraterrestre?
«Gli italiani hanno smesso di investire nel calcio perché un presidente, nel proprio territorio, subisce pressioni morali di ogni tipo. E anche perché il rischio di perdere una parte consistente del patrimonio investito è reale. Il calcio è rischioso, inmolti ci pensano bene prima di fare un passo del genere. E poi non lo fanno. Anche perché non si vede all’orizzonte una grande riforma dell’industria del calcio in termini di salary cap, regole di ingaggio con gli agenti, diritti tv».
Cosa di questo calcio italiano proprio non va?
«La mancata visione coesa e unitaria da parte di noi presidenti della cose da fare. La colpa se le cose non vanno bene pare essere sempre di qualcun altro».
Il sistema calcio e le sue riforme: in cosa si sente legato a De Laurentiis?
«Siamo vicinissimi nell’idea che la Lega si debba trasformare radicalmente in un market company vero e proprio. Non solo nella gestione dei diritti televisivi in autonomia rispetto ai Fondi così come vuole Aurelio, perché anche io non credo nell’azione salvifica promessa dagli investitori finanziari. Penso a un sistema che debba essere in grado di cedere i diritti nazionali e internazionali attraverso una piattaforma di intrattenimento, con produzione proprie, che possano essere collegate anche a società di scommesse. In questo modo si darebbe una grossa mano ai club per aumentare ricavi e i fatturati. Ma non basta.
Ovvero?
«È un processo che deve quattro gambe in tutto. Una gamba sono i calendari e i rapporti con la Figc, un’altra gamba è quella delle consulenze dove deve esserci una Lega capace di offrire impalcature di sostegno a chi voglia investire negli stadi e nei centri sportivi. E infine, l’ultima gamba riguarda i risvolti sociali degli obiettivi dei club nei propri territori»
E che distanze ci sono con De Laurentiis?
«Una su tutte: lui è sempre molto presente nei lavori in Lega, io preferisco delegare a un mio manager».
Si parla di una serie A poco competitiva: ma se l’Inter incassa 84 milioni dai diritti tv e la Salernitana appena 28…
«Certo va rivisto tutto, perché ovvio che il campionato ora è inevitabilmente composto da squadre di prima, seconda e terza fascia, con le piccole che lottano con le armi spuntate. Ma tutto si risolve riuscendo ad avere più soldi. Sui diritti che ci sono già, si fa una lotta senza senso, perché la distribuzione attuale è la conseguenza della legge Melandri. E su quelli nuovi, sul grasso che colerà attraverso la nostra bravura, con i nuovi introiti, che le modalità di distribuzione dovranno essere diverse».
Appena prese il comando della Salernitana, più o meno un anno fa, si augurò lo scudetto al Napoli e la salvezza ai granata. Si è salvata solo la Salernitana…
«Ma spero e penso che questo sia l’anno giusto per il Napoli. Noi ci salveremo e il campionato lo vincerà De Laurentiis che ha tutte le carte in regola per farlo. E se lo merita. Sogno un Mezzogiorno protagonista con la salvezza anche del Lecce e una risalita del Benevento».
Veniamo a questi giorni: cosa è successo dopo Bergamo?
«Prendere otto gol è un’imbarcata che può anche succedere, pure la Juventus ha preso cinque gol con il Napoli. Ma come l’abbiamo subita? Senza un’ammonizione, senza vincere un contrasto, giocando senza coraggio. Questo è grave, per questo ho deciso di revocare l’incarico a Nicola. In realtà avrei dovuto mettere alla porta anche un bel po’ di calciatori ma purtroppo nel calcio i contratti sono sbilanciati e i loro sono intoccabili. Si possono risolvere i rapporti con tutti, ma non con loro. Ma ora non hanno alibi, devono reagire subito».
Come è arrivato al dietrofront con Nicola?
«Ho fatto tante audizioni per trovare il sostituto giusto. Al mister non ho risposto dopo l’esonero, ero infuriato. De Sanctis mi chiama e mi dice che il tecnico vuole parlarmi, che ha capito quanto sia importante questo progetto per lui. Accetto di farlo. E Nicola mi colpisce, usa parole che fanno breccia nel mio cuore. Io sono rivoluzionario e sovversivo, non sono omologato a nulla, non cerco consensi. Sono stato chiaro: tu torni e non sei un allenatore a tempo, non sei sotto esame ma mai più deve ricapitare quello che è successo con l’Atalanta».
Cosa si aspetta dal derby di domani?
«Mi aspetto il coraggio di una squadra rinata. La Salernitana era scarica di muscoli e di testa. Non posso pretendere la vittoria con la capolista che ha il gioco più bello d’Europa, sarebbe un sogno battere gli azzurri ma posso pretendere di vedere una squadra che lotta, che ha grinta, che combatte e che mette pressione agli azzurri in ogni istante della partita».
Ma mica ha davvero paura di non salvarsi?
«Ho sempre un po’ di timore, per questo bisogna essere attenti e vigili. E appena arriva un problema bisogna affrontarlo, subito, senza esitazioni. Non abbiamo perso tempo: rigenerazione, doppio allenamento, lavoro sulla personalità e sulla tenuta nervosa. Vediamo domani la risposta».
Cavani e Mertens, ex azzurri, i suoi due più grandi sogni recenti. Perché non li ha realizzati?
«Giusto, erano due sogni. E basta. Ma quando nel calcio si parla di sogni e un presidente come me è portato a dirlo, poi il sogno nell’immaginario dei tifosi diventa una possibilità, poi si tramuta in una idea e infine diventa come un tarlo. E quando non arriva, sembra un fallimento. Non ho mai detto voglio Cavani, ho detto sogno Cavani perché è un attaccante incredibile. Così come per Mertens: quando ho visto il suo appello a restare qui, ho detto che si potrebbe portare a Salerno visto che la Campania lo ama. Ma non c’è mai stata trattativa».
Che partita sarà?
«Un derby con la squadra che gioca il più bel gioco di tutti, non solo in Italia, che ha nelle incursioni dei suoi laterali un’arma letale, che ha in avanti uno come Osimhen che non ha rivali. Voglio dai miei una partita coraggiosa, umile, corta, grintosa. A differenza del Napoli dobbiamo sfruttare le piccole possibilità che ci verranno concesse».
La Cremonese che elimina il Napoli vi dà coraggio?
«Macché. E chi si illude. Mica era lo stesso Napoli che gioca domani, quella era un’altra cosa, quello era un altro Napoli. È una situazione totalmente differente».
Sarà ancora un volta un derby senza tifosi ospiti: la violenza come può essere fronteggiata?
«Sono dispiaciuto, molto. Capisco le preoccupazioni delle due questure ma sono certo che se fossero arrivati i tifosi napoletani non sarebbe successo nulla, sarebbe stata una grande festa e si sarebbe svolto tutto in maniera per nulla offensiva. Ma prima o poi riusciremo a realizzare un terzo tempo tra i tifosi a bere qualcosa dopo la partita tutti insieme…».
A che punto è il suo progetto Salernitana?
«Sta andando bene, abbiamo avuto una grande accelerazione per lo stadio e il merito va a De Luca e al sindaco Napoli che hanno capito le esigenze della città».
Cosa si prova ad affrontare la squadra di cui si è stato tifoso fino all’anno scorso?
«È come un grande amore. Finisce e ne inizia un altro. C’è sempre un ricordo straordinario».
Quale il Napoli che più l’ha incantato?
«Quello di Maradona, che io vedevo con mamma e papà e i miei fratelli nel club dei 200. E quello di oggi: a Spalletti bisogna fare i complimenti per il gioco e i risultati che è riuscito a realizzare e che tutta Europa invidia».