Stasera, all’Etihad Stadium, andrà in scena la sfida tra Manchester City e Napoli: in questo momento, difficilmente il calcio europeo può offrire di meglio.
Le due squadre sono in vetta ai rispettivi campionati, entrambe con due punti di vantaggio sulle seconde in classifica (Manchester United e Inter). I numeri sono impressionanti, e c’è da dire che i Citizens hanno segnato 3 gol in più degli azzurri (29 contro 26), subendone uno in meno.
Per non parlare della qualità del gioco: ma questo è merito dei due allenatori, molto simili ma anche molto diversi. Tra Sarri e Guardiola è possibile trovare analogie, ma anche differenze. Diverse, senza dubbio, le rispettive carriere: mentre Sarri ha dovuto intraprendere una lunghissima gavetta, a Guardiola si sono subito aperte le porte del Barcellona. Ma Pep ha dimostrato subito di meritare il palcoscenico assegnatogli, stravolgendo completamente il modo di giocare a calcio: il tiki taka. Possesso palla, gioco offensivo e metodico che si adattava alla perfezione a Messi e compagni. Risultato? 14 trofei in quattro anni, che lo rendono il tecnico più vincente nella storia del club.
Ma, ormai appagato, Pep decide di lasciare la Catalogna per trasferirsi al Bayern Monaco, dove cerca di importare la sua filosofia di calcio, ma ci riesce solo in parte: domina in Germania (obbligatorio quando hai tra le mani uno squadrone simile) ma non riesce a impossibile in Europa.
Decide, allora, di approdare in Premier League, al Manchester City: il primo è un anno di ambientamento, nel quale riesce, comunque, a far vedere cose interessanti. Ma ora sembra aver trovato davvero terreno fertile per i suoi “esperimenti”: il City segna gol a valanga ma sembra aver trovato anche un’ottima quadratura difensiva. Ma a sorprendere è la facilità con cui Pep riesce a schierare i suoi uomini con moduli differenti: 3-4-3, 3-5-2, 4-4-2, 4-3-3, il risultato è sempre lo stesso.
Curioso il fatto che, nel 2009, quando lo spagnolo centrava il suo primo “triplete”, Sarri allenava il Perugia in Lega Pro. Ma dopo tanta gavetta, ora anche lui è pronto per diventare un grandissimo. Negli anni, attraverso tanti studi, in particolare dei suoi modelli Sacchi, Zeman è proprio Guardiola, ha sviluppato la sua filosofia di gioco, sperimentata ad Empoli (dove già Pep si era accorto di lui, e come lui Samuel Eto’o, uno che il gioco del catalano lo conosce bene) e poi perfezionata a Napoli.
Due idee di gioco simili: pressing alto, passaggi corti e manovre d’attacco veloci e dinamiche, continue sovrapposizioni. Sarri si ispira maggiormente a Zdenek Zeman, in particolare nella fase offensiva, fatta di tagli e giocate in velocità palla a terra (ed infatti uno dei maggiori interpreti dello scacchiere tattico del toscano è Insigne, formatosi proprio sotto la guida del boemo, prima a Foggia e poi a Pescara). Guardiola, invece, trae esempio dalla scuola olandese, dal “calcio totale” di Rinus Michels prima e Johann Cruyff poi. E dopo una campagna acquisti mirata e intelligente (forse per la prima volta da quando il City è stato acquistato dagli sceicchi), Pep ha creato una sorta di armata: l’arrivo del portiere Ederson, esplosivo e bravo con i piedi, degli esterni Walker e Mendy, potenti e dinamici, e di Bernardo Silva, uniti a quello di Gabriel Jesus lo scorso gennaio permettono di aumentare la velocità del possesso palla, l’intensità del pressing e, soprattutto, di impostare l’azione dal basso. Ma ciò che sorprende maggiormente è il (quasi) raggiungimento dell’antico sogno di Pep di “frantumare” i ruoli specifici dei suoi calciatori, che divengono degli elementi polivalenti, utili tanto in fase di possesso che di non possesso.
Due allenatori simili ma profondamente diversi, che hanno grossa stima l’uno dell’altro e che questa sera si sfideranno con in palio la vetta del gruppo F della Champions League. Una sfida che, sicuramente, promette spettacolo.