Pepe Guardiola è uno degli allenatori più famosi, pagati e osannati del calcio moderno. Nei prossimi giorni si concluderà la sua esperienza in Germania, con la macchia della mancata qualificazione alla finale di Champions League 2015-16 e inizierà l’avventura inglese al Manchester City.
Sicuramente la sua è una carriera vincente ma come per tutti gli allenatori il curriculum non lo salva dalle critiche, a volte feroci spesso irriconoscenti se non arrivano i risultati.
“Le critiche che ho ricevuto in Germania non sono diverse da quelle che avrei ricevuto da un’altra parte. Sono le stesse che potrebbero ricevere tutti i miei colleghi qualora non raggiungessero gli obiettivi. Dite che a Barcellona ero rispettato? Non è vero, semplicemente non venivo attaccato perché vincevo. Il mestiere dell’allenatore è questo, conta solo il risultato, non la filosofia di calcio che cerchi di trasmettere, siamo uomini soli”. Guardiola ha ragione questo è stato un Annus Horribilis per i top trainer, con due decapitazioni eccellenti: Benitez e Mourinho. A fare da contraltare la strepitosa vittoria in Premier di Claudio Ranieri allenatore di lungo corso, con esperienza europea ma fuori dall’elite. In Italia le cose non sono molto diverse. Emblematico il caso Palermo con il record di allenatori esonerati e riassunti nel corso di una stagione. Un giorno osannati, l’altro denigrati, al mattino geniali, la sera incapaci. Capaci di far scoppiare guerre sante in loro nome e dividere le piazze come poco altro, alcuni si immolano mettendoci la faccia, altri si nascondono. Insomma cambiano le latitudini ma la sostanza no, gli allenatori sono uomini soli, sempre, posti di fronte al solito, grande dilemma: Essere(se stessi) o Avere(il risultato) questo è il problema.