Pep Guardiola è stato ospite assieme ad Arrigo Sacchi e Carlo Ancelotti del “Festival dello Sport”, ecco le sue dichiarazioni nel corso del pomeriggio.
Chi gioca bene vince?
“Sì, anche se a volte non succede. Il bello del calcio è che tutto è possibile. Chi gioca bene ha più possibilità, ma è l’unico gioco in cui puoi vincere senza tirare in porta. Per questo è matto e così bello”.
Stiamo vedendo un calcio più evoluto?
“Sì, il mondiale marca un po’ la tendenza, anche se è solo un mese. In generale è difficile dirlo, poi ogni paese ha la sua particolarità. Ad esempio ora il Sassuolo mi dà la sensazione di un calcio propositivo, poi altre in base all’allenatore decidono invece di aspettare”.
Le squadre di riferimento del passato?
“Johan Cruijff è stata la persona più importante, ha aperto gli occhi. Al Barcellona ha imposto un gioco e ci ha fatto capire un calcio diverso, era come andare a scuola ogni giorno. Ci spiegava perché vincevamo o perdevamo. Ci ha fatto innamorare. Con Arrigo è stato tra quelli che hanno cambiato di più il calcio”.
Come nasce il tiki taka?
“Non ho inventato niente, non lo dico per umiltà. Io ho vinto con 6-7 giocatori delle giovanili, giocando insieme da bambini. E’ stata una combinazione di stelle che si volevano bene e interpretavano la stessa filosofia, succede una volta nella vita, grazie ad un club che mi ha dato fiducia da giovanissimo ed ha tenuto giocatori più forti d’Europa. Avevamo voglia di mangiarci il mondo e ce lo siamo mangiati. Il tiki taka come concetto non mi piace, sembra un modo ludico, ma noi lo facevamo per portare l’avversario in un punto, così come Carlo prima parlava del pressing per portare l’avversario a perdere palla. Nel calcio è come nei libri, dopo 20 anni se viene ancora letto significa che qualcosa ha lasciato, se dopo tanti anni vengono mandati i filmati… Messi? E’ un ragazzo che aiuta gli altri ad essere competitivi, uno da grandi partite, odia perdere ma gioca in campo come faceva da piccolo. Se la squadra lo accompagna lui fa la differenza. Ne parlavo con Carlo, se fanno così tanti anni con 50 gol all’anno, è una roba fenomenale…”.
Sulla Champions.
“City favorito? Allora siamo proprio bravi. Non so se siamo pronti, non abbiamo una storia dietro per avere consapevolezza. Non è solo un discorso di giocatori, non è un dovere vincerla. Le favorite sono quelle con una storia più grande, da Real, Barça e Juve con Cristiano, poi c’è sempre l’Atletico e qualcuno può inserirsi, speriamo di esserci”.
Cosa ruberesti a Carletto oltre le Champions?
“I capelli. Carlo si esprime per quello che è, non bisogna ispirarsi a chi vince perché poi anche lui perderà. Carlo è stato se stesso e non mi sembra sia andato male, tutti parlano meravigliosamente di lui”.
Cosa manca al calcio italiano?
“A me sembra niente. La storia non si scrive per un mondiale o due anni. L’Italia deve imparare dagli errori, riflettere, ma non credo manchi qualcosa. E’ un paese che ha vinto in più modi ed in più periodi, forse dobbiamo imparare noi. Alcuni restano sulla filosofia di difendere, altri hanno mentalità diversa, ma anche difendere è un talento e l’Italia resta maestra. Poi perdere fa parte del gioco, capita, è normale, anzi si perde più di vincere nel calcio. Futuro in Italia? Perché no, chi l’avrebbe detto che sarei andato in Germania parlando in tedesco”.
VAR in Champions?
“Arriverà, prima o poi. Prima arriva e meno errori si faranno”.