Gabriele Gravina, presidente della FIGC, ha parlato dello stato del calcio italiano e di altri argomenti in occasione dell’evento “Il Foglio a San Siro”.
Di seguito le sue parole, riprese dal portale tuttomercatoweb:
“Il calcio italiano credo che stia molto molto bene nella sua dimensione sociale, culturale e di grande elemento di spinta anche nel campo della responsabilità sociale. La dimensione economica ci fa preoccupare un po’ di più, abbiamo avviato una sorta di tagliando, il motore perde colpi ma non è una macchina da rottamare.
E’ una macchina che chiede grande senso di responsabilità, con tutto il Consiglio stiamo cercando di lavorare sul campo della sostenibilità, cercheremo di dare un piano triennale per attivare meccanismi di controllo sui costi. Poi c’è il tema delle riforme complessive di sistema e del risultato sportivo, del valore tecnico.
Non voglio sembrare una voce fuori dal coro, c’è stata una disfatta, è vero, ma calcio italiano non è solo Nazionale maggiore che resta un punto di riferimento, però tre nazionali giovanili si sono qualificate nelle fasi finali dei tornei.”
Gravina sull’indice di liquidità, sul Decreto Crescita e su come migliorare il calcio italiano
“Indice di liquidità? Siamo andati incontro a certe esigenze, abbiamo fatto il massimo ma non può essere lo 0,01, con Casini abbiamo possibilità di dialogo costruttivo di prospettiva. Se rimaniamo ancorati a vincoli, perdiamo di vista i veri obiettivi. Non c’è motivo di discordia, è stato un confronto lungo e approfondito.
Abbiamo cercato di focalizzare l’attenzione sulle criticità del mondo del calcio, facendo riflessioni per mettere in sicurezza il sistema calcio. Oggi l’indice liquidità sembra molto riduttivo rispetto a quanto si richiede in altri settori, ma è una delle modalità attraverso cui abbiamo cercato di guardare alla sostenibilità.
Decreto Crescita? È un problema nelle modalità con cui viene utilizzato. È giusto venga utilizzato nel mondo del calcio in cui però oggi c’è un’applicazione anomala: se su 340 tesserati in Serie A ci sono solo 50 italiani e ci sono solo 143 giocatori selezionabili, c’è un tema che ci dobbiamo porre.
Dove è nata la mia resistenza? Di fronte a una prima ipotesi di abolizione, si è parlato poi di un tetto a 1,5/2 mln che ha generato una resistenza a livello parlamentare che potrebbe generare effetti sull’evasione fiscale.
Tre cose per migliorare il calcio italiano? La prima è la sostenibilità, con norme che permettono di riallineare i conti a livello internazionale. Il calcio purtroppo sotto questo profilo ha visto un calo dei ricavi del 12%, un aumento del 5% del costo lavoro che ha un impatto del 75% sui ricavi, il più alto in tutta Europa. Questo è uno degli obiettivi che dobbiamo cominciare a controllare.
Poi c’è il tema della formazione tecnica e dell’organizzazione, con l’ipotesi di migliorare i nostri centri federali. Ma per fare questo ci vuole grande collaborazione con la Lega A, non è pensabile che la FIGC abbia la sua accademia se non ha un’intesa con la Lega di riferimento. Il tema fondamentale nei prossimi mesi è avviare un percorso di collaborazione con l’obiettivo del calcio italiano.
Siamo nel purgatorio, stiamo purtroppo vivendo un momento di difficoltà legato alla cultura del nostro Paese in cui la massimizzazione del risultato sportivo sembra il massimo del proprio impegno politico. Dobbiamo recuperare in tempi rapidi, ma siamo sulla strada giusta.”