Nell’edizione odierna de ‘Il Corriere dello Sport’ ha parlato l’ex giocatore Bruno Giordano.
La sera del 9 maggio del 1987, la mattina del 10, Bruno Giordano cosa pensava?
«Al tunnel del San Paolo. All’effetto che mi avrebbe fatto salire gli scalini, entrare in campo, vedere quel muro umano, emozionarmi. Quando venne l’ora e ci avviammo, avevo Lele Oriali al mio fianco, era frastornato quanto me e lo confessò: non ho mai visto niente del genere».
E come passaste la notte?
«Eravamo in ritiro a Soccavo, Maradona metteva la musica a palla, non riuscivamo a dormire. Bianchi ogni tanto veniva fuori: ragazzi, provateci, andate a letto. Facevamo i bravi per dieci minuti, poi ricominciavamo, magari girando per le stanze. Non si chiuse occhio. E anche stavolta, anche se il calcio è cambiato e i giocatori staranno a casa loro, non riusciranno ad addormentarsi. Stanno per riscrivere la storia».
Voi eravate preparati?
«Il Napoli dell’87 aveva il più grande calciatore di tutti i tempi, sapevamo che prima o poi ce l’avremmo fatta, con lui niente era impossibile. E intorno a Diego c’erano valori tecnici e anche umani.
Questo ha un sapore diverso ma eguale?
«Lo ricorda, perché trentatré anni senza vuol dire intere generazioni a digiuno di felicità. Ci saranno i vecchietti che hanno vissuto quell’epoca e la ripercorreranno; ci saranno ragazzi che ci entreranno dentro
e sarà differente dai racconti dei genitori».
Dove la vedrà?
«Sarò chiaramente a Napoli, assorbirò l’atmosfera, andrò in diretta in tv e poi mi godrò la felicità. Io so cosa si prova, ci sono passato, e sono felice che adesso tocchi a loro. Non c’è stata partita, non ci sono state rivali, schiantate tutte, come dice la classifica. C’è stata una supremazia imbarazzante che non ha caso ha definito un vantaggio leggendario».
Scelga un volto per quest’anno.
«Si fa torto a tutti gli altri, ma ci provo. Mi verrebbe da dire Spalletti, che ha inventato un gioiello raro. Un campionato stravinto in questo modo dà il senso della forza e pure quello della bellezza. E poi Osimhen, che è migliorato in maniera impressionante grazie al lavoro fatto su di lui dall’allenatore: non lo fermi quasi mai, non lo prendi, non sai cosa sta per inventarsi. E segna, segna, segna. Non era facile andare in giro con il peso di quella maglia».