Tramite un’intervista a “Il Mattino” Claudio Gavillucci, l’arbitro che nel 2018 divenne protagonista in Sampdoria-Napoli per aver interrotto la partita per le offese razziste a Koulibaly, ha parlato di come le cose a distanza di 3 anni non siano cambiate.
Queste le parole di Gavillucci a “Il Mattino”:
“Le dico la verità, la partita non la stavo vedendo e ho saputo subito dopo. Mi sembra di essere rimasti fermi a tre anni fa.
A quanto pare non è cambiato niente da tre anni più tardi . Con il covid e gli stadi chiusi ci eravamo illusi potesse essere un triste ricordo. Invece…”
Ma la tecnologia degli stadi moderni dovrebbe aiutare?
“È un’arma importante, ma dipende da chi viene usata. La mia domanda di fondo è sempre la stessa da tre anni: c’è davvero la voglia di combattere questi razzisti?
Il protocollo italiano non fa abbastanza , l’unico dei Paesi europei ad essere cambiato in un certo verso. Negli ultimi anni, a dir la verità, molte società hanno preso un chiaro indirizzo. Il Napoli e l’Inter su tutte, anche la Juventus, la stessa Fiorentina da quel che si vede.”
Sarebbe giusto per una squadra lasciare il campo autonomamente, in caso di offese.
“No. Le decisioni vanno prese dall’alto. Trovo assurdo che una società di calcio debba autotutelarsi-rischiando anche sanzioni-quando dovrebbero esserci normative ad hoc. O va cambiata la legge o la sua applicazione.”
La sospensione arbitrale della gara è il gesto più importante?
“Di certo è una decisione forte. Che pone l’accento su quanto sta accadendo e fa riflettere tutti.”
È giusto declassare il caso di domenica a una “ragazzata”?
“Assolutamente no. Anzi, sarebbe altrettanto grave. Se nel 2021 ancora la comunità non è educata sull’odio razziale di qualsiasi tipo, non esistono scuse. Non si può nascondere il razzismo, si può solo combattere.”